Oggi, ad un Apple Store a Roma

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Tante persone. Giocano con i Mac e gli iPhone e gli iPad. Alcune stanno in fila, una lunga fila, dietro un nastro che delimita uno spazio in cui si muovono dei ragazzi in maglietta rossa, scannerizzando codici a barre.

Altri ragazzi in maglietta rossa sono disseminati nello spazio: seguono i clienti, gli fanno vedere cose, gli spiegano cose, gli raccontano cose.Due signori di una certa età, passando il dito su un iPad senza farci caso, si raccontano Apple-gossip dei più vari: “… e pensa che, quando ho fatto il login, mi ha chiesto quale era il mio nomignolo da bambino, perché avevo sbagliato la password…”

Noi siamo andati lì per un motivo: ci serve un MacBook Pro. Sappiamo tutto: modello, memoria, hard disk, processore… tutto.

Però siamo spaesati: non ci si fila nessuno!Sembrano tutti persi nell’Apple-world: chiacchierano, parlottano, toccano schermi multitouch. Non c’è un prezzo esposto, non si vede una cassa, non c’è un punto di riferimento. Nulla.

Tutti a chiacchierare. E i signori lì, continuano a sfiorare con nonchalance il display dell’iPad: “… ma poi sono riuscito a ricollegarmi ad iTunes. La lettera maiuscola nella password! E chi se la ricordava! … ”Fermiamo un tipo con la maglietta rossa: “Scusa! Ma come si fa a comprare un computer qui?”

Maglietta-rossa-1 pare sorpreso: “Comprare un computer? Vuoi dire un Mac? Sì… è possibile “ (e meno male) “… vai da Vito, il floor manager “ (floor manager?!?) ” … quello lì “(indica) ” … ti assegnerà qualcuno di noi per seguirti”.

“Ma no, non voglio qualcuno che mi segua… voglio un Mac.. BookPro… so le caratteristiche.. le ho viste online…”

Nulla, è già andato via: sta insegnando ad una signora come comprare le App sull Apple Store. La signora, attentissima, prende appunti su un taccuino.

Identifichiamo Vito. Maglietta-rossa-2, con iPad in mano, ostentato in segno di potere e controllo. Ci andiamo.“… Vito?”“Sì?” Si volta. Perplesso.Ci pensa su un attimo. Guarda l’iPad, segno di potere e controllo. Mi sa che c’è scritto che può risponderci.

“Piacere, sono Vito”.Pensiamo: “e lo sappiamo, Vito, ce l’ha detto quello lì in fondo.”E, invece rispondiamo: “Ciao Vito, sono Salvatore, e questa è Oriana.”

Lui: “È un piacere conoscervi!”. (Stretta di mani obbligatoria. E’ l’User Journey, si sa…) “In cosa posso aiutarvi?”

Pensiamo: “Ma chi ti conosce!?!? Noi vogliamo solo comprare un PC… oh scusa, un cazzo di Mac! Come cazzo si fa a comprare un computer in questo negozio?”Rispondiamo: “Vorremmo comprare un Mac Book Pro.

Sappiamo il modello. E le caratteristiche.”

Lui: “Ah, certo! Ma sicuro! Benebenebene. Sì. Certo. Ho chi fa per voi…” (guarda sull’iPad ostentato come segno di potere e controllo).E prosegue: “ah, ecco, Marco sarà qui da voi in un attimo” (ma chi cazzo è Marco?) “… voi aspettatelo qui.”

Conferma l’assegnazione di Marco (Maglietta-rossa-15, suppongo) a Salvatore_e_Oriana. Si gira e se ne va.

Noi rimaniamo a fianco di un tavolo con 6 MacBookPro, precisi a quello che ci servirebbe. Vien voglia di prenderne uno e uscire dal negozio, così. Almeno ci filerebbe qualcuno: “Oh, eccovi! Quant’è? Pago con carta di credito…”.E invece aspettiamo. Marco. Maglietta-rossa-15. Che non conosciamo. Che non abbiamo mai visto.

(Ma esisterà, poi, ‘sto Marco? Sarà veramente il suo nome?)Ma nulla. Maglietta-rossa-15, Marco, non arriva. Noi sempre lì, a fianco del tavolo in betulla chiaro, con gli agognati MacBookPro sopra.

Vito, ostentando potere e controllo tramite l’iPad con qualcun altro, fa come i baristi: fa in modo di non incrociare il nostro sguardo neanche per sbaglio.Forse, prima di diventare Maglietta-rossa-2, il capo del piano con l’iPad del potere, Vito era un barista. Ne ha la stoffa e la tecnica.

5 minuti. 10 minuti. Siam sempre lì. Marco-Maglietta-rossa-15 non arriva. Vito, il potente con l’iPad, ci evita. Lo afferriamo per un braccio: “Allora?”. Vito controlla sull’iPad del potere: ticchete e tacchete. Multitouch lì, multitouch là. “Oh, ecco. Ancora qualche minuto. Sapete, tra le feste e le malattie… siamo pochi… Tra qualche minuto Marco sarà da voi”. “Ma noi, non ci serve nessuno… sappiamo il modello… ci serve solo che ci dite se c’è, e che ce ne date uno… paghiamo e via… non ci serve Marco…”

“Marco sarà con voi in un attimo… eccolo lì giù…” (indica un Maglietta-rossa-a-caso, potrebbe essere chiunque). E se ne va.

Perduti, vicino al tavolo-in-betulla-coi-MacBookPro. Dimenticati. Iniziamo ad avere allucinazioni. Quel signore lì giù per esempio. Erano 5 anni fa quando è entrato. “Paolo arriva subito!”, gli hanno spiegato.

Ed è ancora lì. Ha stretto amicizie, nel frattempo. “Sai, sto aspettando Paolo”. “Oh, io sono più fortunato: io aspetto Luca! Luca è il migliore! aspetto solo da 3 anni!”, gli risponde una signora, stringendo al petto il suo iPhone con lo schermo rotto. Ragazzi, ragazze, signori e signore di ogni età ed estrazione sociale che aspettano chi Marco, chi Luca, Paolo, Marta, Francesca.

E intanto sono LIBERI! Di toccare gli iPhone. Di guardare Mac di ogni foggia e modello. Di sedersi e raccontarsi Apple-gossip di ogni genere. Ogni tanto un Marco a caso si materializza. Gli chiede come stanno. Se volevano, per caso, qualcosa. “Ah, è Giorgio il nostro Guru degli iPad. Ora glielo chiamo.” E va via. Scompare.

Iniziano a girare delle leggende, sussurrate all’orecchio, o addirittura scritte rapidamente su foglietti di carta, poi ingeriti dagli Apple-cospiratori: “Chiedi a Vito di John, invece di Marco! È un codice. Ti manderà Paolo. Che ti farà l’occhiolino e ti farà avere quel che ti serve”.

Una ragazza si inizia a preoccupare: “Ma anche lei sta aspettando Luca? Doveva venire da me. Sono 3 anni che aspetto…”.Gli altri si scambiano sguardi accondiscendenti: è nuova di qui… non sa come funziona. Si instaura una strana quotidianità. Ci si scambiano battute: “È proprio bello il Retina, eh?”

Si inizia a cadere nel vortice dell’Apple-gossip. Un maglietta-rossa fa spazio su un tavolo: sta predisponendo un nuovo Mac. Ha la forma di un cilindro nero. Sembra un mini reattore nucleare. Vito è oramai un ricordo lontano. Lo vediamo liggiù, iPad-del-potere in mano, che, amabilmente, stabilisce rapporti con i clienti: “Sì, qualche minuto, Luigi sarà qui con voi tra pochi minuti.”

Mentre lo dice ci pare di cogliere uno sguardo satanico nei suoi occhi. D’un tratto ci svegliamo, come di soprassalto. Ci guardiamo negli occhi.

“Che facciamo?”“…”“Andiamo via?”“Non so se possiamo… Marco sta arrivando…”

Nel mentre, ad un tavolo di betulla-con-i-MacBookPro accanto al nostro, si accende una pacata discussione: “Ma la flash memory oramai ci vuole! È velocissima! Sentite cosa faccio: vi lascio qui un attimo a pensarci e poi torno, così mi dite se la volete…”

No! Pazzi! Cosa avete fatto!Avevate un Paolo tutto per voi e ve lo siete lasciati sfuggire!Da quant’è che state qui? Da un anno? Puah! Schifosi! Prendete! Fuggite!

“Allora? Che facciamo?” “Andiamo.”Andiamo.

Uscendo, ci accorgiamo che non c’è alcun ostacolo. Né all’entrata, né all’uscita.

Ma si sente un cambiamento, una specie di muro di energia. Che ti risucchia quando entri. E che ti vorrebbe trattenere quando esci.

È una energia pacata, fatta di chiaro legno di betulla, di rassicuranti tavoli e panche su cui sono disposti, freddissimi, schiere di oggetti alieni, di un altro mondo, che vorresti avere, e di persone-con-la-maglietta-rossa che son lì per te, solo un minuto, intanto tocchi, tocchi pure.

Appena usciti ci voltiamo un attimo: non se n’è accorto nessuno. Nessun Marco che ci insegue. Nessun Vito. Nessuno. Sanno che torneremo? Che, in realtà, non siamo andati veramente via? Che l’experience è oramai con noi?

Forse. Intanto siamo fuori.

Salvatore Iaconesi

[Su Apple leggi anche Maurizio Napolitano: Perché Apple ha sbagliato strada con le mappe per iOS6]

Originariamente pubblicato su chefuturo.it
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