Non solo eroi solitari l’innovazione sfrutta ecosistemi territoriali

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“L’innovazione non è mai arrivata attraverso la burocrazia e la gerarchia. È sempre arrivata attraverso gli individui” affermava John Sculley sorseggiando una Pepsi Cola appena spillata e firmando – così dicono – il licenziamento di un giovane Steve Jobs. Un’immagine forse romanzata, ma che serve a sottolineare che nessuno è infallibile e che non esistono verità assolute.

Oggi il mondo dell’informazione non perde occasione per rimarcare che all’origine di un nuovo paradigma sociale non ci sono tanto le iniziative dei governi quanto, piuttosto, uno startupper che, dall’invenzione della ruota alle app per internet, abbia cambiato lo stato delle cose, per sempre. E anche sui social assistiamo a una quotidiana competizione informativa nella narrazione di storie di piccoli eroi che contro tutto e tutti, hanno rivoluzionato la nostra vita quotidiana.

A noi invece piace ancora pensare che governo e burocrazia siano tra le componenti che nel tempo hanno educato e formato i saperi di questi eroi.

E che li hanno dotati delle esperienze necessarie a partorire idee rivoluzionarie all’interno di una comunità. E crediamo che laddove queste due entità riescono a comunicare e capirsi si creano condizioni statisticamente più favorevoli ad un cambiamento strutturato, inclusivo e duraturo.

Le esperienze dell’Emilia Romagna

Ne è convinta la Regione Emilia Romagna, che dai primi di ottobre ha avviato la Costituente per l’Agenda Digitale, un percorso partecipato che coinvolgerà attori e destinatari delle politiche di innovazione territoriale destinato a strutturare in una visione comune i dinamismi che enti locali e organizzazioni private hanno sperimentato nel corso degli ultimi anni.

Ciò è frutto anche di un lungo percorso strategico di stimolo da parte dell’ente regionale, fondato sul diritto alla cittadinanza digitale – fulcro dell’agenda digitale regionale – e iniziato già con i modelli di partecipazione sorti intorno a PiTER-Piano Telematico Regionale e al progetto MadlER-modello partecipato per Agende Digitali Locali in Emilia-Romagna.È anche grazie a questo valore diffuso che progetti come Iperbole2020 del Comune di Bologna e Città Digitale Ravenna hanno avviato percorsi locali di progettazione partecipata delle smart cities del futuro o che singole progettualità come il Laboratorio sul riuso dei dati aperti di sanità e sociale di Ferrara possano seguire un percorso di valorizzazione regionale dell’esperienza maturata.

Attenzione, non stiamo parlando dei classici tentativi tipici della PA di porre un cappello d’orgoglio localistico a successi individuali attraverso la magnanina elargizione di targhe e premi vari il cui unico punto di connessione con i meriti delle amministrazioni – volendo proprio trovarlo – sarebbe al massimo la “consanguineità di una parentela lontana”.

Si pone, piuttosto, l’attenzione su una precisa volontà politica di costruire un community capabilities network, attraverso lo sviluppo di infrastrutture, strumenti e servizi coerenti con i reali fabbisogni del territorio e finalizzato ad abilitare il sapere digitale territoriale in termini risorsa tangibile diffusa.

I Living Labs pugliesi

Un secondo interessante esempio nasce in Puglia intorno al programma Living Labs, un ecosistema aperto nel quale tutti gli attori dell’innovazione autodeterminano la destinazione dei finanziamenti per la specializzazione tecnologica regionale. Avviato già nel periodo di programmazione 2007/2013, sono fondati su un modello partecipato di mappatura dei fabbisogni di innovazione che, una volta individuati e classificati, diventano la base per la costruzione di partenariati aperti di specializzazione tematica per la sperimentazione di soluzioni condivise tra gli attori della ricerca, dell’impresa e del territorio (enti locali, associazioni, scuole, singoli individui). Le soluzioni individuate costituiscono un catalogo da cui tutti (PA, imprese, cittadini e loro organizzazioni) possono attingere per acquisire soluzioni funzionali alla soluzione di un proprio bisogno o, in alternativa, sottoporre nuovi bisogni che alimenteranno nuove soluzioni.

Sono attualmente 34 i livinglabs operativi distribuiti in 8 ambiti tematici per 46 progetti di ricerca e sperimentazione finanziati e realizzati.

E con i Livinglabs Cafè gli stessi sono divenuti luoghi d’incontro e di coworking per tanti giovani appassionati di innovazione. Il merito della Regione Puglia, oltre alla volontà politica, è stato quello di focalizzare il proprio ruolo nell’azione di facilitazione delle interazioni tra gli attori coinvolti. In pratica, nel costruire comunità che comprendono e vanno oltre le individualità, nuove strutture sociali specializzate in grado di massimizzare il contributo delle singole risorse rispetto a obiettivi universali.

La valenza dei due esempi proposti, tra i tanti possibili, poggia su due elementi principali: una, tecnica, di ottimizzazione e razionalizzazione della spesa pubblica per l’innovazione e la ricerca; una strategica, di democratizzazione del processo di policy making, troppo spesso oggetto di delega a singoli attori (enti regionali in house, università, associazioni di categoria) che, inevitabilmente, ne determinano parzialità e soggettività del respiro e, di conseguenza, condizionano l’efficacia della spesa pubblica in termini di impatto sul territorio.

Alle porte della programmazione 2014-2020 le regioni devono virare decisamente verso i “sistemi olonici” cari a Piero Dominici, attraverso modelli partecipativi di attuazione delle rispettive agende digitali o, laddove già in atto, rafforzarne l’azione. Diversamente, il rischio che corrono – e cui sottopongono il proprio territorio – è quello di non saper fare squadra nel tentativo di rimanere attaccati a un treno che corre decisamente veloce.

Rilacciandoci a Sculley, pertanto, le esperienze narrate ci suggeriscono che burocrazia e gerarchia non devono produrre innovazione, quanto piuttosto sistemi virtuosi in grado di esprimere al meglio le competenze digitali territoriali e valorizzarne i risultati in termini di ricadute positive sulla comunità. In fondo, è questo l’obiettivo della spesa pubblica.

Gli individui, d’altronde, sono autoreferenziali per natura. Il problema è quando anche la PA lo diventa.

PAOLO STRANGIS

Originariamente pubblicato su chefuturo.it
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