Mamma è l’app di Scuolabook che non va, non è l’iPad!

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Quale modo migliore per boicottare l’uso del digitale che obbligare gli utenti a convergere su una piattaforma poco funzionante, che non permette di fare ciò che si fa sulla carta e non fornisce nulla di sufficientemente interattivo da giustificarne l’uso?

Se non l’avessi visto con i miei occhi non ci avrei creduto. O meglio, avrei creduto al complottismo di quanti a priori ce l’hanno con l’Associazione Italiana Editori e i suoi vertici, accusandoli ogni tre per due di lentezza interessata o di inadeguatezza culturale.

Invece c’è davvero da riflettere. Una piccola cronaca familiare, che se non fosse vera sembrerebbe inventata, mostra la strana storia d’un aggiornamento tanto peggiorativo da sembrare un autogol oppure un favore a chi, all’entrata del digitale a scuola, vuol sbarrare la strada.

Una famiglia italiana si muove verso il digitale. L’anno scorso la maggiore delle mie figlie ha iniziato le superiori in un liceo classico torinese. Ci interessava provare i libri digitali e non abbiamo avuto difficoltà ad ottenere il permesso di farlo. Anzi, professori e dirigenza scolastica l’hanno accordato con una certa curiosità.

Scaricato l’applicativo e acquistati i libri, Emilia (il nome è di fantasia, ndr) ha cominciato ad andare a scuola con il suo tablet e a cercare di fare i compiti a casa.Ogni tanto si sentiva qualche lamentela sulla difficoltà di scrivere perché, contrariamente a quanto avviene con un’app come Notability, il tool di scrittura manuale è poco reattivo e non si può ridurre alla dimensione del font stampato, rendendo l’esecuzione degli esercizi sul libro molto complicata.

Tutto sommato, però, l’esperimento si è concluso positivamente tanto che a giugno ho chiesto a Emilia:

– Dopo un anno scolastico cosa ne pensi? L’anno prossimo vuoi continuare con i libri digitali o tornare alla carta? –– Sai Mami, è molto più comodo fare i compiti sul libro però non mi va di tornare ad avere lo zaino che mi sfascia la schiena… –

Eccoci dunque arrivare a settembre preparandoci per il secondo anno di acquisti su Scuolabook.

Nel frattempo anche la mia seconda figlia ha iniziato il liceo (uno scientifico questa volta), e anche lei vuole fare l’esperimento col digitale.Ci prepariamo dunque a comprare libri elettronici non per 1 ma per 2 classi di scuola secondaria superiore, con un carrello che include opere Sansoni, Garzanti, La Nuova Italia, Zanichelli, Petrini, Tramontana, Loescher, SEI.

Scuolabook si “aggiorna”. Nel frattempo è uscito il tanto atteso aggiornamento [3.0] di Scuolabook . Negli ambienti editoriali si è parlato di questa nuova versione della piattaforma come di un passo altamente migliorativo, che finalmente consentirà agli editori di produrre e commercializzare libri autenticamente multimediali.

Insieme all’aggiornamento, erano state annunciate per settembre nuove funzioni di condivisione e un quaderno digitale per gli appunti ma, una volta scaricato l’update, né l’una né l’altro risultano disponibili.

In compenso, nella nuova versione sono comparsi problemi che non erano presenti nel primo release e che rendono la piattaforma utilizzabile solo con forti disagi, facendo rimpiangere sia il cartaceo sia la versione precedente del software; mentre le criticità già emerse in precedenza non sono state corrette.

Un breve elenco per chiarire di cosa stiamo parlando.Un libro scolastico deve essere “appuntabile” facilmente. Qui gli appunti sono difficili da prendere. Spesso si sfocano molto e si spostano arbitrariamente verso l’alto (soprattutto le evidenziazioni) finendo dove non devono (ovvero in loci casuali, sovrapponendosi al testo o posizionandosi dove non c’entrano niente).

I colori di penne ed evidenziatori che precedentemente erano quattro per tipo, ora sono solo due (Emilia si è lamentata molto perché colori differenti le servivano per le diverse categorie grammaticali del greco e del latino, ad esempio);

– L’applicazione si chiude spesso inaspettatamente, talvolta facendo perdere il lavoro fatto (questo accadeva già nella versione precedente); fare 2 o 3 volte un compito perché lo strumento che stai usando ti obbliga a ricominciare da capo manda un ragazzino su tutte le furie!

– E’ molto difficile scrivere minutamente perché il tool di scrittura è troppo impreciso. La cosa si traduce in un “è quasi impossibile scrivere”, cosa che per una piattaforma con cui si dovrebbero poter fare i compiti sul libro è una lacuna quasi insuperabile. – Spesso i caratteri del testo a stampa sono sfocati rendendo faticosa la lettura. Per ovviare al problema l’utente tenta di ingrandirli dilatando il quadro ma spesso l’operazione non riesce perché, al posto di aumentare le dimensioni, l’applicativo cambia repentinamente pagina.

Il risultato è che Chiara (altro nome di fantasia, ndr), la quale solo da pochi mesi lavora in digitale, ha già detto che preferiva la carta.Emilia, che l’anno scorso ha lavorato sulla versione “outdated” [2.0] della piattaforma, ha chiesto di reinstallargliela perché quella nuova è ben peggiore.

Qualche commento dagli utenti. Sul fatto che i problemi di usabilità siano evidenti non ci piove. Qui e qui qualche riflessione interessante. (Strano che i primi commenti siano tutti disastrosi mentre gli ultimi appaiono entusiasti).

Un mercato ancora poco maturo merita un avvio zoppo? E’ senz’altro vero che in Italia l’agenda digitale è in forte ritardo, così com’è vero che il digital divide è zavorra pesante per la crescita economica, l’occupazione dei giovani, la modernizzazione della scuola.

Tuttavia, se il mercato del libro elettronico non è ancora del tutto maturo – anche perché sovente mancano le infrastrutture per un suo sviluppo – esso non è da considerarsi commercialmente poco interessante. Prepararsi al futuro del mercato difficilmente si può considerare, infatti, un’operazione imprenditorialmente ‘in perdita’.

D’altronde, è comprensibile che un investimento importante su prodotti autenticamente multimediali (corredati di audio, video, interattività diffusa, strumenti di condivisione) al momento rischia di trasformarsi per gli editori in un’operazione che non garantisce il rientro dei costi. Per questo si è disposti – almeno ancora per un po’ – a digerire anche una ‘multimedialità dei PDF’: però che almeno i PDF funzionino!

Tutti i soggetti interessati concordano che presto o tardi l’editoria scolastica dovrà compiere il salto verso una massiccia digitalizzazione. Anche in ambito legislativo, se rispetto all’agenda dell’ex ministro Profumo il decreto Carrozza sposta i limiti cronologici delle adozioni digitali, tuttavia non ne contesta gli obiettivi.

Ciò nonostante, gli editori fanno fatica ad attribuire ai loro prodotti digitali lo stesso statuto di quelli cartacei: chi di loro accetterebbe di stampare un proprio libro su carta semitrasparente, con un legatura che al primo giro di pagina si sfalda, oppure con un corpo illeggibile, senza porre seriamente in dubbio la qualità della propria produzione?

Per quale motivo allora accettano che il libro digitale, il quale oggi si rivolge a una clientela di nicchia ma domani sarà in mano a tutti gli studenti italiani, sia un prodotto sciatto, inadatto allo studio e palesemente difettoso?

Dobbiamo proprio pensar male e ipotizzare un cartello che per tutelare interessi di parte – che non sono quelli degli studenti – vede molti soggetti imprenditoriali convergere compattamente su uno strumento inadeguato, così da dimostrare che è meglio continuare a usare in classe ciò che si è sempre usato?

Per formulare la risposta, aspettiamo di vedere in quanto tempo i problemi di usabilità di Scuolabook verranno risolti.

Francesca Salvadori, Scuolalvento.it

Originariamente pubblicato su chefuturo.it
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