L’Italia torna ad attrarre gli scienziati. Si, qualcosa sta cambiando

scienze

Da sei giorni sto vivendo un’esperienza che trovo in grande sintonia con il vento nuovo che a mio avviso si respira in Italia. I miei rapporti sono da dieci anni soprattutto con la Silicon Valley grazie ai 19 Silicon Valley Study Tour organizzati per oltre quattrocento studenti, manager e startuppers.

Nessun rapporto avevo fino a ieri con la East Coast. A febbraio grazie anche un vecchio amico genovese, Fabio Capocaccia, olivettiano della prima ora, vengo messo in contatto con l’ufficio Intern di MIT di Boston che mi segnala come sia difficile trovare ospiti industriali italiani per i loro laureati o dottorandi. Mi sono volentieri candidato a provarci, visto che l’ufficio mi segnalava il forte appealing che l’Italia ha come destinazione per i loro studenti.

A marzo ho ricevuto nove curriculum vitae dei candidati: etnie le più diverse (latinoamericani, arabi, russi, orientali, qualche americano) i percorsi di studio e le referenze più eclatanti, tutto ovviamente in una sola pagina, resume Usa style!

Ho cercato di selezionarli per skill e in funzione di ciò distribuirli tra la mia rete di conoscenze, sia industriali che di startup. Abbiamo trovato cinque interessate tra aziende e startup. Ma nel frattempo con l’avanzare dei tempi si sono aggiunte per i candidati le super proposte di aziende basate sul suolo americano. Come riferimento il salario che un’ azienda multinazionale sul suolo USA paga a un intern MIT per i tre mesi giugno-agosto è intorno ai 5000 $ al mese .

A metà giugno siamo riusciti a stringere il contratto con due candidati: un colombiano ingegnere robotico in Loccioni (azienda marchigiana con presenza negli USA, trovata grazie all’amico Giovanni Lucarelli di Fior di Risorse) e un russo matematico, Vitaly Abdrashitov, con Ph.D.

in corso in Ingegneria elettrica in Aizoon (azienda di cui sono Director per i rapporti internazionali e università). In Aizoon Vitaly parteciperà ad un progetto avanzato di IT security.

Veniamo ai primi giorni di Vitaly a Genova, che ho ospitato volentieri a casa mia (nella camera libera dei miei figli oggi fuori casa).

26 anni, al terzo di Ph.D., con ancora altri 3-4 davanti, Vitaly è il classico young genius, con versatilità nel dna: a 17 anni ha vinto le Olimpiadi internazionali di Chimica in Russia, quindi trasferitosi a Mosca ha preso nel 2011 il master cum laude in Applied Mathematics and Phisics al Moscow Institute of Technology and Phisics. Da lì alla candidatura per dottorato al MIT di Boston, tema Ingegneria Elettrica , accettata nello stesso 2011.

Perché Vitaly ha scelto l’intern in Italia, con un salario estremamente inferiore a quanto è lo standard pagato in USA? Gli ho chiesto “ Ottenuto il Ph.D. tornerai a lavorare in Russia? “.

Risposta: “Mi piacerebbe lavorare in Italia!”. Siamo un Paese particolare fatto di genialità e mugugno. E’ facile trovare in rete come per strada chi si lamenta di tutto e di più. Credo che il confronto con lo straniero, magari giovane eccellente, che ti dice che vorrebbe venire in Italia, dovrebbe essere riprodotto, raccontato, ragionato.

Ragionato che viviamo il Paese che tutti – indistintamente- all’estero sognano. Per il clima il cibo, il mare, i luoghi unici al mondo. In Liguria ne abbiamo un bel concentrato: la Ferrari, la Alessi, le piastrelle i marmi, Venezia , Firenze, i Musei. La storia e quello che ci ha lasciato. Non bastano 50 anni di malgoverno per cancellare tutto ciò. Forse neanche 100 sarebbero sufficienti.

Quindi continuiamo a vendere bene quello che abbiamo, miglioriamo la macchina organizzativa, amministrativa, governativa. Rinnoviamo il Paese nelle facce di chi ci rappresenta: Expo 2015 sarà una ottima occasione per moltiplicare l’effetto di questa vetrina.

A Vitaly aspettano due mesi intensi a Genova, di cui ha già apprezzato la bellezza e l’effetto mare. Lo porteremo a visitare il nostro gemello del MIT, l’Istituto Italiano di Tecnologia, quello che uno dei massimi guru della microelettronica mondiale, Alberto Sangiovanni Vincentelli, milanese professore emerito a Berkeley mi definì già qualche anno fa un ”unicum”. Non esiste neanche in USA un centro di eccellenza nella ricerca che abbia al suo interno, passando da un piano all’altro, quattro settori diversi come robotica, nanotecnologie, life sciences, pharma, con possibili interazioni tra ricercatori diversi, oggi oltre 800, solo un terzo italiani. Quindi anche ricerca di eccellenza è possibile in Italia.

Crediamoci anche noi: gli altri continuano a credere nel nostro Paese.

Genova, 20 giugno 2014PAOLO MARENCO

Originariamente pubblicato su chefuturo.it
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