L’Italia si muove bene ma sugli open data governativi si può fare di più (lo dice Rufus Pollock)

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Abbiamo intervistato Rufus Pollock, fondatore e presidente di Open Knowledge, un network globale che dal 2004 opera per la condivisione della conoscenza, con l’obiettivo di mostrare come l’uso e il riuso della conoscenza, senza inutili blocchi o proibizioni, possono favorire intuizioni in grado di provocare grandi cambiamenti.

Rufus Pollock In precedenza è stato Fellow della Shuttleworth Foundation e Mead Fellow in Economia presso l’Emmanuel College dell’Università di Cambridge ed è attualmente consulente sugli open data per diversi governi. Ha lavorato a lungo come studioso, attivista e tecnologo sulle sfide sociali, giuridiche e tecniche relative alla creazione e alla condivisione della conoscenza.

Grazie all’Associazione Stati Generali dell’Innovazione, è stato a Roma il 22 marzo scorso: la mattina alla Camera dei Deputati per incontrare l’Intergruppo parlamentare sull’innovazione tecnologica e nel pomeriggio per una lectio magistralis da titolo “Making an open innovation age.

Power, fredom and inequality in an age of bits” alla Link Campus University.

Tre domande a Rufus Pollock di Open Knowledge Foundation

Gli abbiamo chiesto tre cose semplici semplici per capire meglio il suo approccio alla cultura aperta.

Ci racconti come opera Open Knowledge?L’Open Knowledge International è un’organizzazione senza scopo di lucro che usa il patrocinio, la tecnologia e la formazione per sbloccare le informazioni e per renderle fruibili al fine di creare una visione capace di guidare il cambiamento.

Come vedi l’Italia dal punto di vista dell’openness?Questa è una questione molto ampia, non stiamo parlando solo di governo, ma anche di ciò che riguarda il software o altre informazioni di interesse pubblico (ad esempio, la sperimentazione clinica di farmaci su cui stiamo lavorando con il progetto OpenTrials).In generale, c’è stato qualche buon progresso sugli Open Government Data ma anche qui c’è ancora molto da fare e in altre aree sulla condivisione della conoscenza i progressi sono stati limitati o addirittura l’Italia sta andando indietro.

Nel complesso sono fiducioso e questo è un momento emozionante, ma c’è molto da fare.

Dobbiamo fare di più per raccontare e far capire a tutti gli stakeholder il potere e l’importanza dell’informazione aperta

Ad esempio il FOIA, Freedom Of Information Act può fare la differenza nella vita quotidiana delle persone. (Leggi anche “Caro Renzi, per sconfiggere la corruzione la miglior politica è la trasparenza (perciò vogliamo il FOIA)“)

Vogliamo conoscere la tua Weltanshauung. Come vedi il mondo dei dati aperti?La risposta è un po’ simile a quanto detto per l’Italia. Basta guardare l’indice Open Data per comprendere la misura del progresso sugli open data pubblici (open government data). Come l’indice mostra, vi è stato un reale progresso, ma c’è ancora molto da fare anche in questo settore in cui le cose si sono comunque mosse se pur lentamente.La diffusione del software libero inoltre è favorita da alcune scelte tecnologiche come ad esempio l’adozione di Android, per alcuni smart phone.

Allo stesso tempo, il cambiamento a livello di sistema è ancora da migliorare. Ad esempio, al di fuori della ricerca, il finanziamento del governo per l’informazione aperta (FOIA) e la norma che ne richieda l’adozione è in gran parte assente e i “diritti di monopolio” quali brevetti e diritti d’autore continuano ad essere ampliati.

Un ultimo consiglio?Leggere e rileggere il Manuale di Open Knowledge’s Open Data e l’Open Definition, entrambi ottimi strumenti per capire di più sul tema e iniziare a operare nella giusta direzione (e ovviamente vale per tutti noi).

Originariamente pubblicato su chefuturo.it
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Scritto da chef

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