Il 10 dicembre segnerà una data storica per il mondo dei social media: l’Australia diventa il primo paese a impedire l’accesso ai social network agli utenti di età inferiore ai 16 anni. Questa iniziativa, nota come Online Safety Amendment, è stata approvata dal Parlamento australiano il 29 novembre e impone ai giganti dei social come Facebook, Instagram, TikTok e altri di adottare misure per garantire la sicurezza dei minorenni online.
La legge richiede che le piattaforme attuino “misure ragionevoli” per evitare che i minori possano creare o mantenere account. Le sanzioni per le aziende che non si conformano possono arrivare a 49,5 milioni di dollari australiani, circa 30 milioni di euro. Tuttavia, la questione centrale rimane: come sarà possibile verificare l’età degli utenti senza infrangere la loro privacy?
Linee guida e approccio delle piattaforme
La normativa non specifica quale tecnologia debba essere utilizzata per la verifica dell’età. L’eSafety Commissioner, l’autorità australiana preposta alla sicurezza online, ha rilasciato linee guida nel settembre che delineano le misure da attuare, lasciando però la libertà alle piattaforme di scegliere gli strumenti più adatti. Questo approccio a cascata prevede di partire da verifiche meno invasive, come l’analisi dei dati già disponibili, e di passare a controlli più rigorosi solo se necessario.
Esempi di verifica dell’età
Un esempio pratico potrebbe essere la situazione di un utente iscritto a Facebook dal 2004: l’anzianità del profilo dimostrerebbe che ha sicuramente più di 16 anni, quindi non servirebbero ulteriori verifiche. Tuttavia, nei casi dubbi, le piattaforme possono ricorrere a strumenti di stima dell’età, come quelli basati sull’intelligenza artificiale, che analizzano i tratti del volto attraverso video selfie.
Ad esempio, Meta, la società madre di Facebook e Instagram, ha adottato Yoti, un sistema britannico già in uso in altri paesi. Altre piattaforme come Snapchat utilizzano diversi metodi, tra cui ConnectID, che verifica l’identità tramite dati bancari, e K-ID, che combina la scansione di documenti d’identità con quella del volto. La legge specifica che non deve essere utilizzato esclusivamente il documento d’identità, per evitare la raccolta di dati personali sensibili, limitando così le informazioni trattate solo a quelle necessarie per verificare l’età.
Critiche e preoccupazioni sulla legge
Nonostante il sostegno generale della popolazione, le preoccupazioni sulla reale efficacia della legge rimangono diffuse. Un sondaggio condotto dal Sydney Morning Herald ha rivelato che il 70% degli australiani approva il provvedimento, ma il 58% non crede che sarà realmente efficace.
In un reportage recente, il giornale ha messo in luce come molti giovani stiano già riducendo l’uso dei social media in previsione delle restrizioni.
Riflessi sull’uso dei social network
Inoltre, ci sono segnalazioni di genitori intenzionati ad aiutare i propri figli a eludere le nuove regole. Le tecnologie di stima dell’età, a loro volta, mostrano limiti significativi: i quindicenni e i diciassettenni spesso presentano tratti facciali simili, il che può portare a margini di errore elevati. L’eSafety Commissioner ha riconosciuto che nessuna soluzione sarà immediatamente perfetta e che il sistema dovrà essere affinato con il tempo.
In anticipo rispetto alla scadenza, Meta ha iniziato a disattivare account non conformi dal 4 dicembre. Circa 350.000 utenti di Instagram e 150.000 di Facebook nella fascia di età 13-15 anni sono stati rimossi, per un totale di circa mezzo milione di profili.
Gli adolescenti sono stati avvisati tramite email e messaggi in-app, invitandoli a scaricare i propri contenuti. Gli account potranno essere riattivati al compimento dei 16 anni.
Controversie legali e impatti globali
La legge non è stata esente da polemiche. Il 26 novembre, il Digital Freedom Project, un’organizzazione per i diritti digitali, ha presentato un ricorso alla High Court australiana, sostenendo che la normativa violerebbe il diritto alla comunicazione politica previsto dalla costituzione. I ricorrenti, due quindicenni, hanno contestato la legge, mentre la ministra delle comunicazioni, Anika Wells, ha dichiarato che il governo non si lascerà intimidire.
Questa iniziativa australiana potrebbe incoraggiare altri paesi a seguire l’esempio: Malaysia e Nuova Zelanda stanno considerando leggi simili, mentre il Parlamento europeo ha recentemente votato una risoluzione che propone di fissare a 16 anni l’età minima per l’accesso ai social network. Anche in Italia, si stanno esaminando provvedimenti per innalzare a 15 anni l’età per aprire un account, e l’Agcom ha già reso obbligatoria la verifica dell’età per i siti pornografici.

