Le start up puntano sull’e-commerce, app e gioielli in 3D

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Daniele ha 22 anni, si sta laureando in ingegneria informatica ma ha aperto la partita IVA a 18 anni, quando ha iniziato a sviluppare app e giochi. Fatture in Cloud è la sua creatura, un servizio facile di gestione della contabilità per privati e aziende che in pochi mesi di vita ha raggiunto il numero di utenti dei competitor attivi da anni. E il tutto grazie a una execution perfetta e un ottimo ascolto delle necessità dei clienti.

Thomas si è laureato quindici giorni fa. Luca, il suo co-fondatore, ha rinunciato a partecipare alla finale di .itCup perché si laurea proprio oggi. Si sono conosciuti sui banchi della scuola superiore e si sono trovati a condividere un’idea che poi si è trasformata nella start up MadeUp: inserire tag NFC nei prodotti per garantire al cliente l’assenza di contraffazione e veicolare informazioni e servizi attraverso lo smartphone.

La start up MadeUp contro la contraffazione, premiata da Andrea Di Benedetto di Cna

Andrea si definisce un papà geek e ha inquadrato il problema (e la soluzione) per la sua start up Growing Apps guardando i suoi due figli giocare con il tablet: realizzare un sistema che consenta a genitori ed educatori di creare in modo autonomo giochi ed esercizi di apprendimento per i propri figli o per studenti e pazienti con disabilità.

Organizzare una start up competition è un viaggio tra le storie che la compongono, a partire dalla selezione delle proposte fino ad arrivare al giorno dell’evento. La pratica ci insegna che non è solo una buona idea a fare una buona start up, ma il team e la mentalità delle persone che la compongono.

Storie di startupper e innovazione

Guardando negli occhi i dieci finalisti di .itCup Registro, ascoltandoli nei momenti di relax tra una lezione e l’altra, si coglie lo spunto di chi è davvero pronto a fare il salto. Non si sa se la fortuna, aiutata dall’esperienza e sostenuta dalla capacità di mettere a frutto entrambe, poserà la mano su uno di loro. Ma si vede che ciascuno è pronto a fare la sua parte, che per questi ragazzi la start up non è un gioco o una moda, ma un modo di provare a mettere a frutto una passione, un’idea, un buono spunto, costruendo una squadra e affrontando le tappe del percorso. E la partecipazione agli eventi di settore e l’esperienza che se ne può raccogliere sono i primi elementi, e anche i più divertenti.

Rodolfo è il più grande del gruppo, più abituato a fare impresa in modo tradizionale che non a ragionare sul proprio prodotto come una potenziale start up. Appassionato di sharing economy, cerca di trasformare il potenziale delle comunità che scambiano abiti e oggetti on line e offline in un modello di business scalabile, la sua app Swap party. Luca ha studiato una propria abitudine, ovvero quella di conservare gli scontrini per tracciare le proprie spese e i propri consumi, per creare Tickete, app che consente alle aziende di ricavare informazioni sulle scelte dell’utente per profilare offerte e concorsi. Ivo è uno studente lucano: dopo aver perso giorni a cercare aiuto in rete per risolvere un test per un esame di ingegneria si è chiesto: perché non mettere in contatto attraverso una piattaforma i cervelloni di tutta Italia con gli studenti che hanno bisogno di un supporto on line? Così è nata Cervellotik. Per raccontarcela ha sfidato la sua paura dell’aereo ed è volato fino a Pisa, giusto per smentire l’iconografia che vuole gli startupper eterni globetrotters con le valigie sempre in mano (ma credo che per lui questo sarà solo il primo passo).

I tre vincitori della sessione comunicazione per la start up competition

Novanta idee raccolte per una start up competition che è solo alla terza edizione e che non offre grant sostanziosi, ma solo formazione e opportunità, non è cosa da poco. Novanta idee non offrono certo uno spaccato così esatto dell’ecosistema italiano delle start up, ma possono dare qualche indicazione, soprattutto se le tendenze vengono confrontate anno dopo anno. Nella scorsa edizione le start up dedicate al viaggio la facevano da padrone: quest’anno sono due soltanto, complici forse l’usura della fiducia in Tripadvisor o la difficoltà a proporre un modello alternativo. Si affacciano le tecnologie innovative come NFC e iBeacon per proporre contenuti in prossimità: in generale tutto il mondo dell’e-commerce (ma molto ibridato con le pratiche di acquisto più tradizionalmente offline) la fa da padrone, segno che le start up in tempo di crisi puntano ad offrire golosi servizi di incremento delle vendite ai commercianti (sperando forse di trovare in loro una fonte di revenue più consistente che non nell’utente finale). Lo scorso anno anche il couponing andava fortissimo, quest’anno molto meno, ma in compenso pullulano i servizi per acquistare cibo di tutti i tipi, dal supermercato al ristorante take away, fino ai prodotti di filiera corta. Forse Expo 2015 in questo senso accende la fantasia di chi cerca lo spunto di una buona idea per fare impresa e uscire dalle secche della crisi. Le start up assomigliano al proprio creatore come il cane al padrone? Sembra quasi di sì, sempre sperando che il paragone non offenda nessuno. In ogni start up c’è una storia, personale o di team, che è bello ascoltare. O forse potremmo precisare: in ogni buona start up c’è questo.

I prodotti a tavolino non servono, le fredde strategie non portano lontano. Alla fine quello che fanno questi ragazzi, tutti mediamente piuttosto giovani, è cercare di inventare un’impresa che diventi, se avranno fortuna, un lavoro appassionato e divertente quanto queste notti passate a scrivere codice o a correggere business plan aspettando che qualcosa decolli, che qualcuno si accorga della loro idea.

Macinando chilometri per partecipare alle start up competition, attenti a cogliere un feedback, un lampo di interesse, anche una critica dura. È quello che abbiamo cercato di regalare loro con .itCup: tanta formazione, un evento utile, l’incontro con persone di grande esperienza (Gianluca Dettori, Mauro Del Rio, Marco Bicocchi Pichi, Andrea Di Benedetto, un gruppo di investitori da Hfarm a M31, da Telecom a Atlante Ventures).

Tommaso ama cucinare e mangiare, è un buongustaio che, come dice lui stesso, si è trasformato in casalinga di Voghera per risparmiare un po’ nella sua vita da studente fuori sede. Chi se non lui poteva creare GoodAppetito, l’app per scegliere una ricetta e farsi indicare dove acquistare gli ingredienti con il maggior risparmio? Federico, baffo hipster e una vera passione per la manifattura artigianale rimodellata nel crogiuolo delle nuove tecnologie, e guardandolo sembra naturale pensare che abbia ideato e realizzato Makoo, servizio per realizzare gioielli in 3D modellati dalle onde sonore di una dichiarazione d’amore personalizzata. Simone e il suo team sono pazzi di moto e motori, le loro bacheche Facebook raccontano weekend tra le due e le quattro ruote e la loro Veicoli è sicuramente nata per permettere loro di tenere traccia di tutte le scadenze a tema. Leonardo, infine: comunicativo, estroverso, chiacchierone quasi quanto me, ha tenuto banco per tutti i giorni della formazione e della finale: la sua Voverc, app che sfrutta il cloud per connettere tutti i canali di comunicazione di una piccola azienda, non poteva nascere che da lui.

Il vincitore della start up competition

Alla fine, come capita in questi casi, a uno di loro è andata bene. Il biglietto per volare alla Startup School di Mind The Bridge, offerto dalla Fondazione che porta il nome di Franco Denoth – a lungo direttore del Registro e appassionato cultore degli studi di frontiera nell’informatica – l’ha staccato Daniele con Fatture in Cloud, enfant prodige che è stato talmente concentrato sul suo prodotto nei suoi primi nove mesi di vita (17.000 utenti paganti e tanta concretezza) da essersi dimenticato di partecipare agli eventi. Al suo primo pitch pubblico ha sbaragliato tutti e si è portato a casa il premio che sognava.

Fatture in Cloud, la start up vincitrice

Oggi si chiude una scatola, dopo i saluti di rito e i bilanci sull’evento. Il prossimo anno ne apriremo una nuova, sempre cercando di fornire ai ragazzi una pagina bianca su cui scrivere le loro storie. Magari sperando che per loro si tramuti presto in un foglio excel pieno di cifre a più zeri.

CHIARA SPINELLI

Originariamente pubblicato su chefuturo.it
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