La trasparenza, il wifi e l’innovazione: una proposta a Wired

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Caro Massimo (Massimo Russo, direttore di WiredItalia, che oggi mi ha scritto una lettera aperta, nda)

se non ti conoscessi penserei male ma evidentemente sei solo mal informato. Per esempio sulla questione dell’ex ministro Francesco Profumo. Scrivi che i lettori di Repubblica avrebbero avuto il diritto di sapere che io ero suo consulente quando lo intervistai per il quotidiano. I lettori non lo hanno saputo semplicemente perché la circostanza è falsa. La mia unica intervista a Profumo è stata pubblicata il 6 febbraio 2012. Sono stato nominato in una commissione del Miur per l’innovazione due mesi dopo. Ci tengo a dirti che ho svolto quell’incarico a titolo totalmente gratuito, com’è giusto fare quando c’è di mezzo la scuola, che per tutto il periodo della sua durata (tre mesi) non ho mai scritto di scuola; e che ho comunque raccontato nei dettagli tutta quella esperienza nel libro “Cambiamo tutto!”.

Cosa ho nascosto? Nulla. Anzi, forse per qualcuno al ministero ho raccontato anche troppo…

Quanto al wifi, evidentemente ti sfugge qualcosa. Io non ho fatto una operazione “contro Wired” e mai la farei. Che sia chiaro: io amo Wired, lo amo come quei padri che hanno fatto un figlio e che ne seguono la crescita con affetto. Pronto a dare un mano se lo vorrai: te l’ho detto dal primo giorno e te lo ripeto. Decidi tu: sono al vostro servizio. E in particolare per quel che riguarda la app di Wired sul wifi: Sveglia Italia! si chiamava, e la promossi io nel gennaio 2011. Come sai poi l’editore ha scelto di accantonarla. Per due anni. E da te oggi i lettori apprendono che intendete rilanciarla.

Ne sono felice. Bravi. Era ora. Tutto quello che aiuta il wifi in particolare e l’innovazione in generale mi fa gioire. Dovrebbe essere cosi per tutti, ma pare di no.

Infine un paio di cose su Chefuturo! e la trasparenza. Chefuturo! non è “una iniziativa promozionale di un istituto di credito” (Chebanca! In questo caso). Almeno non più di tutti gli altri giornali rispetto ai loro editori più o meno puri. Chefuturo! infatti è una testata giornalistica di cui sono direttore, che gode di qualche consenso per il lavoro svolto visto che qualche mese fa il Sole24ore l’ha scelto come miglior blog italiano; e il legame con Chebanca! non è affatto nascosto visto che la conferenza stampa sul wifi mercoledì scorso a Milano l’ho fatta con il direttore generale dell’istituto di credito al mio fianco.

Quanto al wifi e a Repubblica mi spiace che tu per colpire me (cosa legittima, ci mancherebbe) tiri in ballo “il quotidiano nel cui edificio” hai “trascorso con passione tanti anni e che si è sempre battuto contro i conflitti di interesse”. Dov’è il conflitto di interesse sul wifi? Oggi è vero che Repubblica dedica tre pagine al tema del wifi ma ne converrai è un tema di stretta attualità: perché non avrebbe dovuto farlo? Il pezzo principale è il mio. E mi guardo bene dal citare anche solo come riferimento la app sul wifi di chefuturo! Se lo leggi con attenzione quel pezzo scoprirai che uso le mie 130 righe per parlare dei pionieri del wifi, gente che ha creduto nella rete contro tutto e contro tutti, gente bella che si merita la nostra gratitudine e – per una volta – ha avuto un po’ di attenzione da un grande quotidiano. Gente da Wired. Gente che sono sicuro tu un giorno metterai in copertina del giornale che dirigi. Perché non avrei dovuto scrivere quel pezzo? Davvero non lo capisco. Nella terza pagina del servizio di Repubblica c’è poi un breve articolo sulla iniziativa di chefuturo!. Ma anche qui: con grande rispetto fatti dire che mi pare che tu faccia confusione. I fatti sono questi. Il 26 giugno ho pubblicamente annunciato con un post su chefuturo! l’intenzione di creare il più grande database del wifi italiano con l’obiettivo dichiarato di fare una operazione di sistema che facesse crescere i servizi offerti e la consapevolezza degli utenti. E quindi caro Massimo: non abbiamo presentato la app ieri “in fretta e furia”. Abbiamo lanciato una iniziativa pubblica un mese fa e questa iniziativa si è svolta alla luce del sole, tutta su Facebook e Twitter, perché via social ci sono arrivate le segnalazioni. E’ stata una bella esperienza di crowdsourcing – ne converrai – mappare 24 mila hotspot in quattro settimana. E il fatto che ieri ne abbiano parlato i siti di tutti i quotidiani italiani, tutti tranne Wired, dimostra che è stata apprezzata per quello che voleva essere. Repubblica, unica testata in Italia assieme al tuo Wired, avrebbe dovuto prendere un “buco” su una cosa bella solo perché un suo collaboratore l’ha promossa?

La seconda cosa che forse ti è sfuggita è che non abbiamo costruito un database chiuso, proprietario, per farci sopra del business. Non lo abbiamo venduto agli sponsor, noi. Abbiamo costruito un database aperto secondo i migliori standard dell’opendata. E lo abbiamo affidato al referente italiano della Open Knowledge Foundation. Caro Massimo se tu non fossi tu ti direi: se non sai cos’è l’opendata vai da uno bravo, un paio li hai anche in redazione. Ma tu invece lo sai benissimo di che parliamo quando parliamo di licenze dei dati aperti. E sai anche quello che ho ti ho detto l’altro giorno nella telefonata che hai citato nel tuo post: usatelo voi di Wired, questo database, attaccatelo alla vostra app, fatelo crescere, fatelo diventare grande. Anzi: facciamolo crescere. Tutti assieme. Perché questo dovremmo fare caro Massimo: far crescere i database. Far crescere la cultura della innovazione. E crescere un po’ anche tutti noi. E’ questo il futuro a cui penso e per cui vivo. Cambiamo tutto insieme?

Originariamente pubblicato su chefuturo.it
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Scritto da chef

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