La mafia tira, ma io il mio diario di Palermo lo dedico a Borsellino

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Diario, 18 luglio 2012, ore 11:50 «Signore e signori il comandante e l’equipaggio vi danno il benvenuto a Palermo, aeroporto Falcone-Borsellino». Palermo. Rieccomi. Domani saranno trascorsi vent’anni dalla strage mafiosa di via d’Amelio. Con i ragazzi di Ammazzateci tutti c’eravamo già stati tre anni fa, per stare fisicamente accanto a Salvatore Borsellino, e non solo in rete o “col cuore”, come si dice.

Ho voluto esserci nuovamente, quasi due mesi dopo l’anniversario della strage di Capaci, perché dovrebbe essere un dovere morale di ciascun italiano commemorare giornate come queste, e perché per raccontare qualcosa non puoi farlo per sentito dire. Devi starci, ti ci devi sentire dentro, farti attraversare da luoghi, cose e persone. Forse sarò l’ultimo dei romantici, ma secondo me non esiste altro modo per raccontare ciò a cui tieni.

Ore 15:00 – Via d’Amelio. Si parte in corteo verso il Castello Utveggio. Il sole cuoce. Ci saranno almeno una quarantina di gradi. Non siamo certo in migliaia, ma forse ci vuole più coraggio a sfidare il Monte Pellegrino a piedi e con questo caldo torrido che altre cose più grandi di noi. C’è tanta gente, da ogni parte d’Italia.

Con me ci sono Alessandro e Silvia: abbiamo avuto la felice idea di “documentare” quanto accade ed accadrà a Palermo. Il caldo si fa sentire. Chiediamo aiuto a Santa Rosalia, alla quale è dedicato un piccolo altare lungo la strada. Ma purtroppo, a qualche centinaio di metri dalla cima del promontorio, la “scala vecchia” ha la meglio. Il corteo, con in testa il fratello di Borsellino, è già parecchio avanti.

E noi ci siamo pure persi.

Una macchina bianca ci passa accanto, poi si ferma in mezzo alla strada per qualche istante. Ingrana la retromarcia e viene verso di noi. Alessandro scherza: «Ecco qua, t’hanno riconosciuto e ora ci ammazzano davvero tutti!». Un signore coi baffi bianchi si affaccia dal finestrino e mi dice: «Ma noi due oggi non abbiamo viaggiato sullo stesso autobus?». È vero. Stava sul bus che dall’aeroporto porta in città, ed io, salito di corsa, avevo trovato l’unico posto disponibile proprio accanto a lui.

«Dai ragazzi, vi diamo uno strappo noi». Saliti in macchina parliamo un po’. Il signore coi baffi è Pippo Giordano, ex ispettore della Dia di Palermo, protagonista al fianco di Falcone, Borsellino e Ninni Cassarà negli anni più cruenti della lotta alla mafia in Sicilia.

Quando si dice, il destino.

Ore 18:30 – Rientrato in albergo, subito dopo esser uscito dalla doccia mi accorgo di aver dimenticato a Roma il dentifricio. Esco per acquistarlo. In una delle viuzze interne dalle parti della “Vucciria” scorgo qualche bancarella e piccoli negozi. Mi avventuro alla ricerca del mio dentifricio. Alcuni ragazzi vendono souvenir e magliette. Impossibile tra le tante maglie esposte non notarne alcune: toglietemi tutto, ma non la mia coppola, oppure la doppia versione di “greetings from Sicily”, una con Marlon Brando versione don Vito Corleone, l’altra con una lupara fumante.

Chiedo ad uno dei ragazzi che le vende il perché di questa spettacolarizzazione della mafia. «‘Mpare – mi risponde – ai turisti non gliene fotte niente delle cartoline e dei souvenir, vogliono queste maglie. La mafia tira». La mafia tira. Avrei voluto scambiare qualche chiacchiera in più con lui, ma sarebbe finita male e comunque avevo poco tempo e non avevo ancora trovato un negozio dove acquistare il mio dentifricio.

Poco più avanti, finalmente, un piccolo negozietto di detersivi. Prendo il primo dentifricio che capita e ritorno di corsa in albergo. Più penso a quelle stupide magliette e più corro. Sono nuovamente su via Ruggero Settimo quando squilla il telefono. Mi fermo un attimo, anche per prendere fiato.

Accanto a me, su un lampione c’è un cartello attaccato con del nastro adesivo: via Emanuela Loi. Più avanti ancora ce ne stanno altri, ad ogni incrocio qualcuno ha “rinominato” simbolicamente le vie ufficiali del centro con i nomi delle vittime di Cosa nostra: via Giovanni Falcone, via Antonino Saetta, via Agostino Catalano, via Vincenzo Li Muli, via Antonio Montinaro. Alcuni – giovani e non – si fermano a guardare quei cartelli, altri – neanche ci fanno caso, e continuano lo “struscio” buttando l’occhio a questa o a quella vetrina. Io ho già dimenticato quelle magliette.

19 luglio 2012, ore 08:20 – Questo post non finisce qui. Sto andando a via d’Amelio, ma devo ancora raccontare tante cose, a partire dal convegno di ieri sera all’Università. Aggiornerò tutto strada facendo. Stasera, domani al massimo. Proverò a condividere con chi avrà la pazienza di leggere il mio personale diario di bordo e ciò che resta di queste giornate palermitane. Stay tuned!

(Continua, leggi qui la seconda parte).

Palermo, 19 luglio 2012ALDO PECORA

Originariamente pubblicato su chefuturo.it
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