La comunità e altre 7 cose che hanno funzionato per Matera 2019

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Ho avuto l’onore di partecipare all’avventura della candidatura di Matera a capitale europea della cultura 2019. Matera ha vinto, ma non è questo il punto: chi ha studiato il processo di selezione delle capitali precedenti sostiene che questo processo “non è scientifico”.

Fonte: Sassiland.com

Avremmo potuto fare le stesse mosse e perdere: oppure fare cose completamente diverse e vince. Nei giorni immediatamente precedenti al confronto finale con la commissione giudicante ci eravamo dati l’obiettivo di vincere, o perdere per le ragioni giuste. Una ragione giusta per perdere, per esempio, è portare avanti un’idea coraggiosa e solida, ma che non viene capita dalla commissione, la quale sceglie di portare avanti un’idea di cultura tradizionale.

La lezione che imparo dall’esperienza Matera 2019 non è come si fa a vincere, ma come si fa un buon progetto coraggioso di sviluppo regionale basato su beni immateriali (termine che preferisco a “cultura”), digitale, innovazione sociale e valori di apertura e trasparenza

Visto dall’interno, il processo è stato tutt’altro che una eroica cavalcata verso la vittoria: al contrario è stato pieno di ritardi, errori, approssimazioni, equivoci, colpi di scena e colpi di fortuna.

Se dovessi descriverlo con una frase sola direi: il pezzo della macchina che ha sempre funzionato sono i cittadini della Basilicata e di Matera in particolare.

Una comunità che partecipa

I lucani non hanno perso un colpo: una volta che si sono convinti, hanno regalato al processo una partecipazione massiccia e molto alta in termini di qualità progettuale. Il pezzo più tecnico, cioè il Comitato Matera 2019 e la sua costellazione di alleati e consulenti (noi, insomma) era composto di gente intelligente e capace, ha fatto cose ottime e cose meno, ma era più meno confrontabile con i suoi omologhi delle altre città finaliste, anche loro composti di gente intelligente e capace, anche loro con i loro successi e i loro errori.

Fotogramma del video della candidatura

Sulla partecipazione attiva dei cittadini, invece, non c’è stata partita. Il loro apporto ha dato alla candidatura un contributo decisivo anche sul profilo della continuità: l’azione amministrativa del Comitato 2019 non è riuscita a non risentire della faticosa riorganizzazione della macchina regionale seguita alle elezioni del novembre 2013. Per contro, la partecipazione ha seguito dinamiche proprie e ha permesso di continuare a fare cose anche quando il versante amministrativo subiva rallentamenti.

La mongolfiera di Matera 2019, fonte: Ildiariodeilettori.net

Detto questo, il gruppo di testa raccolto intorno al Comitato Matera 2019 ha fatto un buon lavoro. Parte di questo lavoro è stata proprio attivare e coinvolgere i cittadini, e lasciare loro spazio una volta che si sono attivati.

A beneficio di chi farà cose simili in futuro, elenco qui le caratteristiche secondo me più intelligenti della candidatura, in approssimativo ordine cronologico.

  1. Stile inclusivo. L’attitudine all’inclusione a Matera si è vista fin da subito, ed è venuta dall’alto. Le istituzioni prima e il Comitato Matera 2019 poi si sono concentrati nel tenere la porta spalancata per assolutamente chiunque volesse essere coinvolto. Questo ha svolto un ruolo decisivo: come in genere gli italiani, i lucani sono sì generosi, ma sospettosi gli uni degli altri. Se la candidatura fosse stata vissuta come uno strumento di un gruppo di maggiorenti ad esclusione degli altri sarebbe affondata alla prima curva nella polemica e nella dietrologia. Lo stile personale del direttore di candidatura Paolo Verri è stato in questo una risorsa.
  2. Web team. Nell’agosto del 2012 abbiamo organizzato una giornata di formazione all’uso dei media sociali per chiunque volesse partecipare. La nostra speranza era che qualcuno dei partecipanti si sarebbe offerto volontario per aiutare la candidatura ad essere visibile sui media sociali principali. Questa semplice mossa a costo zero ha portato all’invenzione e al consolidamento del MT2019 web team, la Delta Force di Matera sul web sociale. A fine 2013 altre finaliste hanno capito cosa stava succedendo e hanno provato a imitarci, costituendo i loro web team, ma era troppo tardi. Nel corso del 2014 Matera ha nettamente dominato i media sociali e – cosa molto più importante – questa presenza forte ha offerto a tantissimi lucani la possibilità di partecipare alla candidatura, anche solo con pochi minuti alla settimana e un mouse.
  3. Comunità online. La community di Matera 2019 era nata per discutere il dossier di candidatura in rete, ma ha finito per diventare il laboratorio R&D diffuso di MT2019. È il luogo in cui, con pazienza, il web team ha ribadito che la responsabilità di costruire la candidatura era di tutti e offerto aiuto a chiunque provasse a fare qualcosa. E lì, per la prima volta nel 2013, è successo il miracolo: alcuni cittadini sono passati da “qualcuno dovrebbe fare qualcosa!” a “ehi, forse noi possiamo fare qualcosa!”. E sono partiti i progetti: Presunta ferrovia dello stato, Matera Cielo Stellato, i Progetti Ultimo Miglio e la meravigliosa Camminata finale.
  4. Open data (anche geografici). Ho avuto l’onore di introdurre il tema open data al Comune di Matera in un ristorante nei sassi nell’autunno 2012. Solo un anno dopo la città aveva una politica open data piuttosto aggressiva per una città di quelle dimensioni e una collaborazione con Wikitalia per farla partire. Oggi ha vinto un premio nazionale, rilasciato dataset “a cinque stelle” in formati Linked Open Data (uno di solo quattro Comuni italiani ad avere fatto questo lavoro) e ospitato l’edizione 2014 del raduno della comunità di OpenStreetMap. Non solo questa è buona amministrazione, ma soprattutto produce buona amministrazione, visto che la trasparenza dell’informazione svelenisce il clima e crea fiducia. L’esperienza open data ha molto influenzato il gruppo tecnico di MT2019, tant’è che lo slogan della candidatura è stato cambiato in “Open Future” nel 2014.
  5. Edgeryders e unMonastery. L’alleanza con la comunità di Edgeryders, nativamente europea, ha molto rafforzato il profilo internazionale di Matera, che ad essere onesti non era altissimo. Portare a Matera il prototipo del progetto unMonastery ha messo la città sulla mappa di gran parte degli hackers, attivisti e innovatori sociali radicali del continente. unMonastery ha avuto una visibilità internazionale straordinaria, sia sui media mainstream (da Huffington Post all’inglese Guardian e all’americano The Nation) che nei circuiti alternativi (da Emergent Berlin a Improving Reality a Transmediale); ma soprattutto ha fornito un laboratorio all’interazione della comunità locale con artisti e innovatori globali – interazione non sempre facile, ma che una capitale europea della cultura deve imparare a gestire.
  6. CoderDojo. E’ un’iniziativa internazionale per insegnare ai bambini a programmare giocando. Nella sua evoluzione si vede bene come lavora l’ecosistema open costruito a Matera: se ne parla per la prima volta sulla community online a maggio 2014, e subito un primo prototipo viene organizzato ad unMonastery. Al prototipo partecipa il preside di una grande scuola della città, che chiede se sarebbe possibile fare un CoderDojo per tutti i suoi 1400 alunni. Reclutando mentors da unMonastery, dalla comunità open data della città viene montato un processo di formazione dei mentors che servono per un’operazione in così grande stile; il Web Team fornisce copertura e sparge la voce; e il 7 ottobre si svolge il BigCoderDojo con oltre 1000 bambini, il più grande mai fatto al mondo.
  7. Un designer come direttore artistico. L’impostazione “movimentista” e attenta alla tecnologia open source e all’innovazione sociale della candidatura è emersa nel 2013, prima che venisse nominato un direttore artistico. Un manager culturale tradizionale che basasse la propria professionalità sui grandi eventi con le grandi star avrebbe potuto delegittimare questa impostazione e fare perdere slancio alla partecipazione diffusa. Ma non è successo, perché MT2019 ha scelto come direttore artistico Joseph Grima, un designer. I designers conoscono bene il valore della partecipazione e della conoscenza diffuse tra le persone comuni e tendono ad essere meno élitisti degli artisti “classici”. Joseph ha spinto decisamente sull’acceleratore Open Future: i suoi due progetti principali per Matera sono un archivio digitale di artefatti culturali, stile Europeana o Open Culture Data, e una scuola di design aperto (anche nel senso che i ruoli di docenti e allievi sono abbastanza intercambiabili).
  8. Fare il lavoro sporco. L’ìnnovazione di cui sono più orgoglioso in tutto questo è stata l’ultima, quella che nessuno conosce. Nell’estate 2014, insieme agli straordinari Ida Leone e Piero “Piersoft” Paolicelli, ho gestito un micro-team il cui compito era simile a quello di Victor The Cleaner, il cattivissimo e efficientissimo personaggio interpretato da Jean Reno nel film Nikita: riconoscendo che ormai le idee e anche la capacità di esecuzione venivano dal basso, abbiamo rinunciato a essere noi i creativi e ci siamo concentrati nel fare il lavoro sporco e noioso che rendeva più facile ed efficace il dispiegarsi della creatività dei cittadini. Fate il CoderDojo? Vi servono le magliette per identificare i mentors? Ci pensiamo noi. Andate a piedi da Potenza a Matera, ma come tornate? Vi prenotiamo un paio di pullman? Nessun problema, consideratelo fatto. Fate fotografie? Vi montiamo un sistema per generare una mappa in tempo reale delle foto georeferenziate su Instagram. La camminata fa tappa alla Martella, si aspettano 100 persone invece delle 10 previste? Ok, vediamo se l’associazione locale ha voglia di fare una festa, così l’esperienza è migliore; e vi cerchiamo un posto dove dormire. Un’amministrazione efficiente, fatture pagate immediatamente: roba noiosa, ma importante per costruire sempre più fiducia tra il territorio e la candidatura.

Foto di gruppo dei sindaci dei 131 comuni lucani. Fonte: Article.wn.com

Come ormai sanno quasi tutti, Matera ha poi vinto il titolo. Adesso viene la parte più difficile: realizzare il progetto, mantenendo l’impostazione movimentista ma consolidando molto la parte amministrativa e finanziaria. Non so se ci riusciremo (e non so nemmeno se e con che ruolo parteciperò all’impresa!); ma so che l’esperienza fatta è stata utile, e ha già trasformato la città.

ALBERTO COTTICA

Originariamente pubblicato su chefuturo.it
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