Un mondo senza contatto fisico
Nel romanzo Intimità senza contatto, l’autrice taiwanese Lin Hsin-hui ci guida in un viaggio inquietante attraverso una società in cui il contatto fisico è vietato. In questo scenario distopico, ogni interazione umana è mediata da un’intelligenza artificiale sovrana, che ha preso il controllo delle vite degli individui. La protagonista vive in un mondo dove la comprensione è sostituita dalla sincronizzazione, e il libero arbitrio è un concetto obsoleto. La società, in questo contesto, è caratterizzata da una profonda solitudine, in cui le emozioni sono considerate un virus trasmissibile.
La tecnologia come strumento di controllo
La potenza dell’intelligenza artificiale, capace di analizzare enormi quantità di dati, ha portato a una conclusione inquietante: il contatto fisico è la principale causa di turbamento emotivo.
Questa affermazione, che risuona in modo particolare dopo la pandemia di Covid-19, ci invita a riflettere su quanto la tecnologia possa influenzare le nostre vite. Lin Hsin-hui, attraverso la sua scrittura incisiva, mette in luce il rischio di una società che sacrifica l’individualità e la spontaneità in nome della sicurezza. La procreazione naturale è sostituita da metodi artificiali, e la morte è gestita da algoritmi che decidono il “fine vita” per chi non può essere ibridato.
La resistenza alla standardizzazione
Nonostante il controllo sistematico delle emozioni e la cancellazione del dissenso, Lin introduce la figura dei “sonnambuli”, ultimi ribelli che tentano di resistere a questa omologazione. Attraverso abbracci e gesti di affetto, questi individui cercano di riconquistare la loro umanità in un mondo che la nega.
La protagonista, in questo contesto, si sente sempre più estraniata, come un semplice ornamento in un sistema che la riduce a una funzione. La sua interazione con un androide, che le ricorda la sua mancanza di comprensione e di emozioni, rappresenta un simbolo della perdita dell’autenticità.
Riflessioni sulla nostra realtà
Il romanzo di Lin Hsin-hui ci invita a interrogarci su quanto le nostre vite siano già influenzate dalla tecnologia. In un’epoca in cui ogni emozione è filtrata e sterilizzata, ci chiediamo: quanto siamo disposti a sacrificare della nostra umanità per un’illusione di sicurezza? La scrittura sobria e chirurgica dell’autrice ci costringe a riflettere sul potere seduttivo della tecnologia e sulla solitudine delle società iperconnesse. In un mondo dove il dolore e la gioia sono calcolati algoritmicamente, la vulnerabilità diventa un elemento da cui fuggire, ma è proprio questa vulnerabilità che ci rende umani.