International Space Apps Challenge, così la Nasa cerca nuovi talenti

scienze

NASA è sinonimo di scienza dallo spazio e di esplorazione (umana e robotica) dello spazio.

Per raggiungere questi obiettivi, NASA è anche sinonimo di innovazione tecnologica, innovazione che poi passa dallo spazio alla Terra attraverso prodotti che migliorano la qualità della nostra vita.

Tutti abbiamo beneficiato dell’esplorazione della Luna: da un lato abbiamo imparato molto sul nostro satellite naturale, dall’altro abbiamo approfittato di moltissime ricadute tecnologiche.

Giusto per dirne una, le missioni Apollo hanno accelerato lo sviluppo dei computer che, da strumenti per pochi, sono diventati il pane quotidiano di (quasi) tutti gli abitanti del pianeta Terra. Mettere al servizio di tutti le tecnologie sviluppate per lo spazio non è né semplice né immediato. A volte ci sono soluzioni in cerca di un problema e possono essere sfruttate solo quando a qualcuno viene l’idea giusta.

Stimolare le idee è quindi una parte fondamentale del processo innovativo e nulla pungola maggiormente di una bella sfida, un challenge per dirla alla maniera della NASA.

Il segreto è tirare fuori il massimo dai dati disponibili grazie alla creatività e agli approcci più disparati di migliaia di persone, prevenienti da ambienti diversi e complementari.

Per questo, già da tre anni, la NASA organizza l’International Space Apps Challenge, una competizione a livello mondiale che, quest’anno, si svilupperà in uno hackathon di tre giorni dal 10 al 12 aprile.

E’ una iniziativa che è andata crescendo nel tempo. Il numero di sedi che partecipano all’evento è salito da 25 nel 2012, a 83 nel 2013, a 95 nel 2014 e, per quest’anno, se ne prevedono 130.

Stesso dicasi per il numero dei partecipanti e delle soluzioni proposte, dove per soluzioni non si intendono solo le App ma anche progetti, come la serra su Marte o un nuovo tipo di tuta per l’attività extraveicolare degli astronauti.

Guardando il resoconto delle edizioni precedenti, si vede che l’unica cosa che è diminuita da un anno all’altro è il numero delle sfide proposte: probabilmente ci si è resi conto che era meglio evitare troppa dispersione. Si passa da 64 nel 2012, a 57 nel 2013, a 40 nel 2014 per arrivare alle 24 di quest’anno divise in quattro categorie: Terra, Spazio, Astronauti e Robotica, divise in tre livelli : facile, intermedio e tosto.

Sicuramente la NASA propone challenge direttamente collegati agli interessi dell’agenzia. Tra le dieci sfide proposte per la categoria Spazio, per esempio, ce ne sono cinque dedicate agli asteroidi.

Confesso di non avere capito secondo quale metro siano state classificate le sfide. Creare una missione ad un asteroide è giudicato facile, mentre dimostrare che gli asteroidi sono delle destinazioni interessanti come prossima meta per l’esplorazione è classificato come intermedio e la costruzione di un programma automatico per la ricerca di asteroidi con un telescopio robotico a terra è giudicato difficile. Sia come sia, si capisce che la NASA si sta attrezzando per esplorare un asteroide, magari per sfruttare le sue risorse minerarie.

Non ho resistito e sono andata a vedere le sfide di quest’anno chiedendomi quale avrei scelto per ogni categoria senza fare troppo caso ai livelli di difficoltà (dopo tutto, la mia è una partecipazione virtuale).

Per la categoria Terra scelgo senza esitazione la sfida che propone di usare i dati disponibili per ricostruire ciò che si vede da un aereo.

Molte compagnie aeree propongono qualche immagine satellitare dei luoghi sorvolati ma io trovo che siano sempre a scala troppo grande e insoddisfacenti. Da viaggiatrice di lunga distanza apprezzerei molto qualcosa di meglio in questo settore.

Per la categoria Spazio scelgo Transient Watch che chiede di sviluppare una APP che informi gli astronomi sulle sorgenti variabili viste nel cielo X e gamma. E’ una App che forse saprei progettare anch’io, visto che ho già seguito diverse APP astronomiche dedicate proprio a missioni di alta energia della NASA alle quali l’Italia partecipa (vi ho già parlato di NASA Swift e di Fermi Sky, e non mi sto a ripetere).

Per la categoria Astronauti (o meglio umani nello spazio) sono incerta tra Print your food, che vorrebbe utilizzare una stampante 3D per preparare la cena in orbita, e Friends in high places dedicato a Samantha Cristoforetti. Scelgo Samantha anche perché ha avuto uno scambio bellissimo con il Telescopio Nazionale Galileo, il più grande osservatorio dell’Istituto Nazionale di Astrofisica costruito nel migliore sito astronomico in Europa: la caldera vulcanica che domina l’isola di La Palma. I nostri astronomi a La Palma hanno fotografato il passaggio della ISS mentre Samantha fotografava loro. Le foto sono bellissime e vale la pena di andarle a vedere.

Per la categoria Robotica scelgo lo sviluppo di un drone Zero Gee Bee per facilitare la logistica dei trasporti verso la stazione spaziale. L’ape robotica a gravità zero mi ricorda i Busy Bee, i piccoli veicoli spaziali immaginati da von Braun quando faceva il consulente di Walt Disney. Quelli di von Braun erano dei coltellini svizzeri con astronauta incorporato, ma il concetto è simile.

Ma torniamo all’evento del prossimo fine settimana. Per partecipare non è richiesta nessuna preparazione particolare. Ci vogliono solo creatività e capacità di risolvere i problemi pensando fuori dagli schemi (se volte sentirvi dire queste cose da Cady Coleman, un’astronauta NASA, andate sul sito). Chiunque può partecipare purché si iscriva nel sito e scelga la sede che, per l’Italia, continua ad essere Roma alla Facoltà di Ingegneria Aerospaziale della Sapienza, in via Eudossiana 18.

Quest’anno si punta molto sulla presenza femminile perché è imperativo fare aumentare il numero di donne nel mondo dell’innovazione. Non è una scelta di facciata: i dati dimostrano che le start-up con una significativa presenza femminile hanno più probabilità di successo.

Quanti saranno i partecipanti quest’anno? Sicuramente moltissimi. L’anno scorso sono stati 8000, divisi in 95 sedi sparpagliate in 46 nazioni. Ogni partecipante, o gruppi di partecipanti, magari articolati su diverse sedi, sceglie la sfida e lavora alacremente per proporre una soluzione, che può essere una APP, un prototipo, un progetto, un programma. Sempre nel 2014 sono state proposte 671 soluzioni.

Oltre a gestire il caos dell’hackathon, dando a tutti i partecipanti lo spazio per lavorare e distribuendo un’adeguata quantità di calorie (e presumibilmente di caffè) per nutrire i loro neuroni, gli organizzatori locali devono armonizzare le sfide proposte con le specificità locali. In Italia, l’evento è sponsorizzato, oltre che dalla Facoltà di Ingegneria Aerospaziale, dall’Agenzia Spaziale Italiana e dell’Ambasciata Americana. Sarà loro responsabilità scegliere i prodotti migliori da premiare localmente. Dovranno inoltre selezionare due prodotti da sottoporre alla giuria mondiale. In parallelo, i partecipanti di ciascuna sede sceglieranno il progetto che preferiscono che verrà inserito nella People’s Choice a livello globale.

La filosofia è sempre quella delineata nel famoso discorso di Kennedy che recita più o meno” non facciamo queste cose perché sono facili ma perché sono difficili perché, per vincere le sfide che incontreremo, dovremo dare il meglio di noi e della nostra nazione”.

Sostituiamo nazione con mondo e avremo un messaggio perfetto per l’International Space App Challenge 2015.

Buon hackathon a tutti!

Originariamente pubblicato su chefuturo.it
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Scritto da chef

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