Hubble, il telescopio che ci ha portati indietro nella storia dell’universo (e che oggi festeggia 25 anni)

scienze

Oggi festeggiamo il 25esimo anniversario del lancio dello Hubble Space Telescope, uno strumento che, dopo aver rischiato di essere un terrificante fiasco, è diventato uno dei maggiori successi della NASA (chi fosse interessato a sapere tutto su HST, qui prova tutti i dettagli.

Hubble Space Telescope. Foto: phys.org

Le immagini di HST, sapientemente trattate dai grafici che sanno coniugare la precisione scientifica con la bellezza, sono assurte ad una nuova forma d’arte. I pianeti, le nubi molecolari, le zone di formazione stellare, le nebulose planetarie, i resti delle esplosioni delle supernovae, le galassie single o in coppie danzanti, gli archi disegnati dagli effetti di relatività generale sono diventate delle icone dell’astronomia moderna grazie alle quali il pubblico ha riscoperto questa meravigliosa scienza.

In occasione dei 25 anni di attività in orbita lo Space Telescope Science Institute offre un compendio delle 100 immagini più spettacoli ed evocative nel sito. Vale la pena di scorrerle, sarà difficile scegliere la più bella.

Hubble non è solo belle immagini (che pure aiutano) è scienza a tutto campo.

Al momento del lancio uno dei suoi compiti era la misura precisa del tasso di espansione dell’universo, la costante di Hubble, appunto. Un campito che ha svolto coscienziosamente andando molto oltre le aspettative, visto che ha contribuito alla scoperta dell’accelerazione dell’espansione dell’universo. Le sue lunghissime osservazioni (Hubble deep fields) ripetuti nel corso degli anni hanno permesso di andare indietro nella storia dell’universo fino a vedere antichissime galassie, la cui luce si è arrossata durante un viaggio che è durato, nei casi più estremi, anche 13 miliardi di anni.

Hubble ha dimostrato grande versatilità riuscendo ad adattarsi alle esigenze di problematiche che non erano ancora sul tavolo a momento del lancio. Pensiamo ai pianeti extrasolari, scoperti nel 1995. Hubble ha trovato modo di dare un importante contributo per misurare la composizione delle loro atmosfere, è da lì che bisogna partire per capire quali dei moltissimi pianeti che già conosciamo potrebbero offrire condizioni adatte allo sviluppo della vita, mica poco.

Tutto questo è stato possibile grazie allo sforzo tecnologico e organizzato che la NASA ha profuso per impedire che il telescopio invecchiasse.

Progettato negli anni’70, Hubble doveva essere l’apoteosi dello Shuttle che, dopo averlo portato in orbita, doveva visitarlo con regolarità per cambiare gli strumenti e le parti danneggiate dall’uso.

Tutti i sottosistemi del telescopio erano stati progettati per poter essere sostituiti dagli astronauti in visita.

Gli alloggiamenti degli strumenti sono stati pensati come cassetti da sfilare con relativa facilità (ci sono sempre vitine da svitare e riavvitare con i guantoni della tuta spaziale…). In effetti, nel corso di 5 missioni di refurbishment , quasi tutto è stato sostituito. Oltre a diverse generazioni di strumenti, abbiamo visto la sostituzione dei giroscopi, quelli che tengono stabile il puntamento del telescopio, ma anche del registratore a nastro che è diventato a stato solido o dei pannelli solari.

Tutto il telescopio è stato continuamente reiventato e la tecnologia attualizzata, come risultato lo Hubble di adesso è più potente delle Hubble lanciato 25 anni fa e continua ad essere uno degli strumenti più richiesti dalla comunità astronomica che compete per avere nuovi dati e utilizza moltissimo l’archivio dei dati che vengono resi pubblicamente disponibili dopo un anno di proprietà dello scienziato che ha ottenuto il tempo di osservazione. Tutto è puntigliosamente archiviato pronto ad essere riutilizzato, magari per scopi diversissimi da quelli per i quali era stata fatta l’osservazione.

Come avrete capito, ho un rapporto intenso con HST perché i suoi 25 anni di attività sono anche 25 anni della mia vita e della mia carriera.

Nel momento del lancio il 24 aprile 1990, mia figlia aveva due mesi ed io leggevo la voluminosa documentazione relativa all’utilizzo dei diversi strumenti a bordo del telescopio spaziale mentre cullavo la pargoletta. In epoca pre-internet pervasivo le informazioni arrivavano solo per via cartacea e stava a noi farne buon uso. Avevamo già chiesto, e ottenuto, tempo di osservazione per studiare la sorgente al centro dei nostri interessi Geminga una sorgente gamma che si comportava come una stella di neutroni ma non faceva registrare nessuna emissione radio. E’ una storia lunga e affascinante (almeno per me) e, se avete voglia di approfondirla trovate tutto qui.

In effetti, durante le verifiche del funzionamento del telescopio ci si rese conto che la visione di HST era sfuocata da un errore, minuscolo ma micidiale, nella fabbricazione dello specchio. Come conseguenza le immagini non venivano perfettamente a fuoco e questo impediva lo studio di sorgenti deboli come la nostra Geminga. Tuttavia, non tutto era perduto. Come abbiamo già detto, HST era stato pensato per essere visitato ed aggiornato periodicamente dagli astronauti a bordo dello Shuttle, quindi la NASA cominciò a lavorare alla missione di correzione ottica. Per vedere Geminga abbiamo dovuto aspettare il 1993, quando, con la prima missione di refurbishment, Hubble ha riacquistato la sua acuità visiva.

Mentre il telescopio spaziale incantava il pubblico con immagini bellissime frutto della maestria dei suoi maghi della grafica, noi ci accanivamo a vedere l’emissione di una stella con un raggio di circa 10 km la cui emissione ottica è paragonabile a quella di un candela sulla Luna (è un esperimento virtuale perché la fiamma ha bisogno di ossigeno che sulla Luna scarseggia, ma dà l’idea di quanto sia debole l’emissione ottica di una stella di neutroni).

Pochi fotoni, ma preziosissimi perché noi con quell’emissione volevamo misurare la distanza della nostra sorgente.

Quando ci siamo riusciti la figlia aveva iniziato le elementari e già era diventata allergica alle discussioni incentrare su Geminga che spesso ci sentiva fare. Con HST abbiamo studiato molte altre stelle peculiari ma nessuna ci ha dato le “soddisfazioni” di Geminga. Ogni anno, ad ogni call for proposal, noi sottomettiamo le nostre proposte. Dal momento che viene chiesto molto più tempo di quanto sia disponibile, non sempre le proposte vengono accettate. Sono le regole del gioco e non resta che aspettare al prossimo turno. Nel frattempo, se vengono idee intelligenti, utilizziamo il vastissimo archivio contenete tutte le osservazioni fatte da HST nel corso degli anni. Un tesoro astronomico che ogni anno diventa più ricco e prezioso.

A volte, però, il cielo ci regala qualcosa di veramente insolito e allora bisogna cercare di convincere il direttore dello STSCI a dare una frazione del tempo che ha nella sua disponibilità per progetti particolari. Si chiama DD perché è il tempo che il Direttore dà a sua Discrezione.

Ho chiesto un’osservazione DD una volta sola nel settembre 2010. Tornavo da Roma dove c’era stata una riunione per fare il punto sui risultati della missione AGILE, un telescopio gamma tutto Italiano, fatto da ASI e INAF. Proprio durante la riunione, il sistema di analisi automatico dei dati ci aveva avvertito che veniva rivelata una sorgente variabile, nella direzione delle nebulosa del Granchio (che è una potente sorgente gamma) il flusso stava salendo a vista d’occhio.

Cosa stava succedendo? La nebulosa del Granchio è il resto di una supernova esplosa nel 1054 e contiene il pulsar più energetico della nostra galassia.

Anche se in ottico (freccia rossa) non sembra granché, è una delle sorgenti più brillanti del cielo X e gamma, così brillante che viene usata per calibrare gli strumenti appena vengono accesi in orbita.

Nessuno aveva mai lontanamente immaginato che la sorgente potesse variare. Abbiamo fatto fatica a convincerci che Agile stesse vedendo proprio un ruggito del Granchio ma alla fine, abbiamo deciso che la cosa doveva essere annunciata per dare modo ad altri di pianificare nuove osservazioni. Seduta sul Frecciarossa, pensavo anch’io a che tipo di osservazioni avrei potuto pianificare. Avevo già allertato diversi colleghi che si erano messi subito in azione. Si trattava di un fenomeno veloce, quindi doveva avere origine da una zona fisicamente piccola e presumibilmente vicina al pulsar che è la sorgente di energia dietro l’emissione.

Per vedere vicino al pulsar bisogna avere un telescopio con ottima risoluzione angolare e io ho pensato subito ad HST. Avevo già studiato il pulsar del Granchio con HST e conoscevo benissimo il campo. Se volevo avere una possibilità di vedere se qualcosa era cambiato rispetto alle precedenti osservazioni dovevo chiedere un’osservazione DD immediata.

C’era un unico problema: che giustificazione potevo dare dal momento che non sapevo cosa avrei potuto trovare? Fu così che mi precipitai in ufficio a scrivere la proposta di osservazione più vaga che la storia ricordi. Una paginetta per dire il Granchio sta ruggendo e se vogliamo capire cosa sta succedendo dobbiamo osservarlo il prima possibile. La fortuna aiuta gli audaci perché la risposta è stata rapida e positiva. Sì, HST avrebbe fatto l’osservazione entro 48 ore. Bisognava riempire i formulari per dire come doveva essere configurato lo strumento da utilizzare.

Mi ricordo le telefonate di mia figlia ventenne che mi diceva quando pensavo di tornare a casa, visto che l’ora di cena era passata da un pezzo.

Le bizze del Granchio sono oggetto di studio continuo e proprio pochi giorni fa abbiamo mandato la proposta per l’ennesimo programma di monitoraggio. Purtroppo non siamo ancora riusciti a capire cosa provochi i ruggiti, ma HST funziona benissimo e noi continueremo ad usarlo.

PATRIZIA CARAVEO

Originariamente pubblicato su chefuturo.it
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