La relazione tra tecnologia e attivismo riveste un ruolo sempre più cruciale nelle lotte per i diritti umani. Il movimento BDS (Boicottaggio, Disinvestimento e Sanzioni) ha saputo sfruttare le innovazioni tecnologiche per perseguire obiettivi di giustizia sociale e resistenza contro l’oppressione.
Omar Barghouti, co-fondatore del BDS, evidenzia l’importanza di considerare la tecnologia non solo come strumento di progresso, ma anche come potenziale arma nelle mani di chi la utilizza. Le tecnologie dual-use, in particolare, destano preoccupazioni riguardo al loro impiego da parte di governi e aziende in contesti militari.
Il ruolo della tecnologia nel movimento BDS
Nel ventesimo anniversario della sua fondazione, il movimento BDS ha visto un’evoluzione nell’uso della tecnologia a supporto delle sue cause.
Barghouti sottolinea che, mentre aziende come Microsoft e Google sviluppano tecnologie avanzate, è fondamentale comprendere come queste vengano testate e utilizzate in contesti di conflitto, in particolare in Israele contro i palestinesi.
Investimenti e responsabilità
Barghouti afferma che l’uso della tecnologia in Israele è stato agevolato da ingenti investimenti provenienti da Stati Uniti ed Europa. Questi fondi hanno trasformato Israele in un centro di ricerca per tecnologie militari, utilizzando la popolazione palestinese come soggetti di prova. Questa dinamica rappresenta non solo un fatto tecnico, ma una questione di responsabilità per i paesi che finanziano tali progetti.
In particolare, la collaborazione tra università europee e israeliane attraverso programmi di ricerca come Horizon solleva interrogativi sull’ipocrisia delle politiche europee, spesso proclamatesi a favore dei diritti umani.
Barghouti sottolinea l’importanza di esporre queste realtà e di fermare il finanziamento di iniziative che contribuiscono a violazioni dei diritti umani.
Il lato positivo della tecnologia
Tuttavia, Barghouti non condanna la tecnologia in senso assoluto. Riconosce che, in momenti storici come la lotta contro l’apartheid in Sudafrica, la mancanza di strumenti digitali ha limitato l’efficacia delle campagne. Oggi, il movimento BDS beneficia della digitalizzazione, che consente una comunicazione più rapida e un’organizzazione globale.
Alleanze e inclusività
Il BDS ha saputo creare alleanze con vari movimenti sociali, inclusi quelli per i diritti climatici e di genere. Questa intersezionalità ha reso il movimento non solo più forte, ma anche più inclusivo, attirando l’attenzione su questioni che vanno oltre la Palestina.
Barghouti sostiene che si sta raggiungendo una soglia critica, dove ogni piccolo cambiamento può avere un impatto significativo.
Barghouti esorta coloro che sono consapevoli della situazione attuale a prendere posizione e a non rimanere passivi. Gli accademici, ad esempio, possono decidere di non collaborare con istituzioni israeliane, mentre le università palestinesi possono fungere da centri di attivismo per promuovere il boicottaggio.
Il potere dell’arte e della cultura
Un aspetto fondamentale del BDS è rappresentato dal boicottaggio culturale. Artisti e scrittori di tutto il mondo hanno iniziato a prendere posizione contro Israele, con oltre 4.500 professionisti del cinema e 7.000 autori che sostengono l’iniziativa. Questa mobilitazione culturale è essenziale per sensibilizzare l’opinione pubblica e promuovere una maggiore responsabilità sociale.
Di recente, in Finlandia, importanti istituzioni culturali hanno aderito alla campagna “Zona libera dall’apartheid”, promettendo di non collaborare con enti compiacenti rispetto alle violazioni dei diritti umani in Palestina. Questo esempio può rappresentare un’ispirazione per altri paesi, inclusa l’Italia, dove il 22 settembre si è tenuto uno sciopero nazionale a sostegno del popolo palestinese.
Omar Barghouti, co-fondatore del BDS, evidenzia l’importanza di considerare la tecnologia non solo come strumento di progresso, ma anche come potenziale arma nelle mani di chi la utilizza. Le tecnologie dual-use, in particolare, destano preoccupazioni riguardo al loro impiego da parte di governi e aziende in contesti militari.0