Negli ultimi mesi, la pasta italiana si è ritrovata al centro di una controversia commerciale che rischia di minacciare uno dei simboli più amati della cultura gastronomica italiana. La Casa Bianca ha infatti deciso di imporre dazi elevati sui produttori di pasta italiana, sollevando preoccupazioni in tutto il settore. Questo provvedimento, che entrerà in vigore dal 1 gennaio 2026, si basa sull’accusa di dumping, ovvero la vendita di prodotti a prezzi inferiori al valore di mercato.
Il principale motore di questa decisione è l’amministrazione del presidente Donald Trump, che ha riacceso le tensioni commerciali con l’Europa. Gli Stati Uniti sostengono che alcuni produttori italiani, tra cui nomi noti come Barilla e Rummo, stiano praticando prezzi non equi, il che ha spinto le autorità americane a introdurre un dazio complessivo del 107% su oltre dieci aziende del settore.
Dettagli sui dazi e le loro conseguenze
Il provvedimento prevede un aumento dell’aliquota già esistente del 15%, portando il totale a un impressionante 107%. Questa misura colpirà non solo il futuro delle esportazioni, ma avrà anche un effetto retroattivo su importazioni già effettuate nei dodici mesi precedenti l’entrata in vigore. Per le aziende italiane, questa retroattività rappresenta una sfida economica significativa, poiché dovranno affrontare costi imprevisti.
Reazioni e difese dei produttori italiani
Le reazioni da parte dei produttori italiani sono state immediate e forti. Cosimo Rummo, presidente dell’omonimo pastificio, ha descritto la decisione come “una pazzia”, evidenziando come le sue confezioni da 454 grammi siano vendute a un prezzo di 4,5 euro, ben lontano dalle accuse di vendita sottocosto.
I produttori temono che questi dazi possano compromettere la loro competitività sul mercato americano, dove attualmente esportano circa 700 milioni di euro di prodotti ogni anno.
Il timore è che un dazio così elevato possa rendere la commercializzazione della pasta italiana negli Stati Uniti semplicemente non redditizia, favorendo al contempo produttori locali e prodotti che imitano il made in Italy, un fenomeno noto come italian sounding.
Implicazioni per l’industria e la filiera
Le conseguenze di questa decisione non si limitano solo ai produttori di pasta. Secondo esperti del settore, l’intero comparto agricolo, in particolare gli agricoltori di grano duro e i mulini, subirà un impatto negativo. Margherita Mastromauro, presidente dei Pastai italiani, ha messo in guardia sul fatto che l’industria del grano duro potrebbe essere gravemente danneggiata, creando una reazione a catena che influenzerà vari settori correlati.
Piani di investimento a rischio
Alcuni produttori avevano già programmato investimenti significativi per espandere le loro operazioni negli Stati Uniti, ma ora si trovano costretti a rivedere o annullare tali piani. Questa situazione potrebbe portare a un riorientamento delle esportazioni verso l’Europa, con possibili effetti sui prezzi interni.
In risposta, sia la Commissione Europea che il governo italiano stanno collaborando per cercare di modificare questa norma. Le autorità italiane, tra cui il ministro dell’Agricoltura, Francesco Lollobrigida, stanno avviando colloqui con l’amministrazione statunitense per cercare di ottenere una revisione della misura prima che diventi definitiva. Diverse aziende hanno già avviato azioni legali per contestare i dazi.
Il contesto politico e commerciale
Il ritorno di Trump alla presidenza ha segnato un cambiamento radicale nella politica commerciale americana, riattivando una filosofia protezionistica che era già emersa durante il suo primo mandato. Questo approccio è caratterizzato dalla convinzione che gli accordi commerciali internazionali abbiano danneggiato l’industria manifatturiera statunitense.
Recentemente, Trump e la presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, avevano raggiunto un accordo commerciale che stabiliva dazi al 15% su gran parte delle esportazioni europee. Tuttavia, l’attuale situazione relativa alla pasta dimostra che l’amministrazione sta cercando di utilizzare strumenti giuridici per imporre barriere commerciali che vanno oltre quelli concordati, puntando a riequilibrare il deficit commerciale degli Stati Uniti.