Dalla promozione alla partecipazione: come cambia il marketing nell’era di Facebook, Amazon & Co

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Un tempo esisteva il prodotto e il marketing aveva il compito di metterlo sul mercato secondo le famose 4P del Marketing Mix (prodotto, prezzo, punto vendita, promozione). Poi è sbucato il cliente, e il marketing aveva il compito di soddisfarlo secondo le 4C (in tialiano 3C e 1D consumatore, costo, comunicazione, distribuzione). Ma oggi che non c’è più nè prodotto né cliente?

Quando le aziende diventano sempre più piattaforme, che cosa rimane del marketing mix e delle sue fantomatiche lettere?

Le aziende più importanti oggi sul mercato sono piattaforme, organizzazioni che abilitano due o più parti a incontrarsi per condividere o pubblicare beni, idee, servizi.

Airbnb, Blablacar, ma anche Amazon, Ebay, Facebook e Twitter: nessuno di loro produce beni, ma tutte abilitano gli utenti a condividere pensieri, emozioni, macchine, case e così via.Una ricerca del Center for Global Enterprise afferma che saranno così anche le aziende del futuro:

il 79% degli unicorni, start up che in tutto il mondo hanno ricevuto almeno un miliardo di dollari di investimento, sono piattaforme.

Senza più prodotto e cliente cosa resta al marketing? Come cambia e, soprattutto, come questo modello può portare cambiamento anche nei nostri territori? In realtà, oggi, nelle aziende cosiddette piattaforma il marketing non solo non va in pensione ma diventa sempre più strategico, trasformandosi da marketing di prodotto, lontano e distaccato dall’esperienza dei clienti, a marketing di comunità, per necessità vicino e empatico. Se vogliamo, quindi, perderci ancora a giocare con le lettere – che sembra sempre un po’ riduttivo ma aiuta a sistemizzare – ripartiamo dalle 4P di un tempo e proviamo a capire come si trasforma il marketing mix delle aziende piattaforma.

Dal prodotto alla piattaforma

Primo obiettivo del marketing oggi non è più costruire il prodotto ma progettare la piattaforma.

Questa è il luogo dove i pari si incontrano, comunicano, scambiano, si accordano. Il marketing ha quindi il compito di abilitare tutte queste interazioni offrendo nella piattaforma strumenti capaci di generare l’offerta (creazione del proprio profilo, motore di ricerca, filtri, ecc), di favorire la fiducia (reviews e commenti ma anche assicurazioni e call center), di facilitare lo scambio di informazioni (gruppi, follow, tag ecc). Ma non solo. Come ogni luogo, anche fisico, la piattaforma deve essere curata e accogliente, cosa che sui media digitali significa progettare un’interfaccia accattivante, usabile e capace di garantire una fruizione immediata e veloce.

Dal prezzo alle persone

Niente prodotto, niente prezzo.

In una piattaforma il costo dei beni (se previsto) lo definiscono gli utenti e quindi il marketing non deve più preoccuparsene.

Punto fondamentale diviene, invece, chi scambia o condivide, vero assett delle piattaforme. Chi condivide non è più semplicemente il target di un prodotto e neanche il cliente di un servizio, ma il membro di una piattaforma il cui servizio risponde a un suo specifico bisogno (trovare un passaggio, un alloggio, un libro, un amico).

Così la piattaforma con i suoi membri stabilisce una relazione quasi one to one perché, a differenza dei business tradizionali, dove il cliente non genera valore per altri clienti, nei servizi collaborativi ogni membro di una community offre un’opportunità in più agli altri.

Ognuno, infatti, partecipando al servizio, propone quello che possiede, la sua esperienza, i suoi contatti, i suoi beni, moltiplicando l’offerta e favorendo quel network effect, necessario per far crescere la piattaforma. Questo diventa ancora più importante nei social network dove ogni utente mette a disposizione non solo le proprie azioni ma anche la rete di amici che porta con sé.

È d’obbligo quindi per il marketing essere sempre alla ricerca di nuovi utenti ma anche evitare di perdere quelli esistenti.

Per questo è fondamentale conoscere i proprio utenti, monitorarne le abitudini, ascoltare gli umori.

Non è un caso, infatti, che la maggior parte delle piattaforme gestiscano internamente i proprio canali digitali, unici luoghi dove si può costruire e monitorare la relazione e attivino dei processi di ascolto che, in alcuni casi, diventano anche spunto per migliorie o nuovi servizi.

Dalla distribuzione (place) alla partecipazione

Per generare valore non basta che gli utenti si registrino alla piattaforma, devono essere attivi.

Per fare in modo che lo siano, il servizio deve offrire almeno tre generi di convenienze: rispondere a un bisogno, offrire un vantaggio economico (guadagno, risparmio o gratuità), e far trovare all’utente quello che cerca.

I primi due punti fanno parte della strategia e devono essere ben progettati nella fase di costruzione del servizio. Il terzo aspetto, invece, rientra fra gli obblighi del marketing. Affinché una piattaforma funzioni e soddisfi le richieste dei suoi membri, infatti, deve fare in modo che chi offre un bene raggiunga la domanda e chi lo cerca trovi l’offerta.

Banale forse ma non troppo se si pensa che le nostre piattaforme italiane molto spesso non consentono questo match per mancanza di utenti. Nell’equilibrio fra queste due forze sta il vantaggio competitivo di una piattaforma (la vera ricetta della coca-cola) e anche la conditio sine qua non, per far partecipare gli utenti.

Se, infatti, un autista non trova passeggeri perché ha troppa concorrenza o perché non c’è domanda, non riterrà di valore il servizio e lo abbandonerà, e lo stesso faranno i passeggeri, se sulla piattaforma non troveranno passaggi. Compito del marketing è quindi fare in modo che l’algoritmo che regola la partecipazione della community assicuri che la domanda e l’offerta si incontri, unico modo per soddisfarli e innescare un network effect positivo.

Dalla promozione alla promozione

Promozione è l’unica P del marketing mix tradizionale che rimane valida anche per il modello piattaforma.

Tuttavia le modalità di esplicitazione della promozione, rispetto a un tempo, cambiano completamente.Una volta, infatti, la promozione teneva insieme tutte le attività volte a pubblicizzare e far conoscere al mercato un’azienda o un suo determinato prodotto. Oggi, invece, nelle aziende piattaforme la promozione ha il compito di far crescere la piattaforma ma, soprattutto, di gestire la relazione con la community, affinché cresca la fidelizzazione e la partecipazione. Diventa importante quindi conoscere i membri della propria community, incontrarli online (attraverso i social media, blog, form di contatto, ecc) e offline (in eventi, manifestazioni e presto, ci immaginiamo, anche in punti vendita), favorire il dialogo, monitorare gli umori, e progettare processi di ascolto.

Marketing in cerca di comunità

Il marketing nelle piattaforme sposta il suo focus dal prodotto alla comunità

E questo accade perché l’obiettivo di ogni fase del suo mix è costruire, gestire, e promuovere la community e i propri membri. Paradossale forse in un momento in cui le grandi piattaforme vengono accusate di non salvaguardare gli interessi dei propri utenti (o lavoratori in alcuni casi), e di non garantire loro diritti e sicurezza.

Ma lasciando un momento da parte le grandi piattaforme, proviamo a pensare a quante opportunità questo approccio potrebbe portare ai nostri territori, alle nostre PMI, alle amministrazioni delle nostre città. Questo marketing capace di costruire comunità e relazioni potrebbe, infatti, essere applicato a servizi che non necessariamente passano sul digitale, a comunità di territorio che devono essere riattivate o attivate, a nuovi servizi di inclusione sociali o di welfare in generale.

Non è un volo pindarico. Basta iniziare a immaginare nuovi servizi partendo dall’abilitazione dei cittadini e non dall’erogazione di un prodotto. Pensarli intorno a un bisogno e costruire comunità come fanno le piattaforme. E poi tutto vien da sé. Provare per credere.

Originariamente pubblicato su chefuturo.it
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