Così un tuffo nell’oro liquido mi ha liberato dalle ansie del lavoro

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Maggio 1989. Io e mio fratello siamo seduti in mezzo al prato, ricco di primavera. Da lontano si avvicina papà. Cosa regge in mano? È un favo, carico di miele. «Le api raccolgono il nettare dei fiori e producono questa sostanza dolce e profumata. Assaggiate!». Ci tuffiamo in mezzo a quell’oro liquido. Sa di natura, ed è una sensazione miracolosa.

Dicembre 2012. Il desiderio di una vita (di studi e sacrifici) si realizza. Divento giornalista professionista. Una passione coltivata fin da bambina, un sogno inseguito con tutte le forze. Un traguardo che si rivela solo un pezzo di carta. Mi dibatto tra stage e collaborazioni malpagate, invio proposte editoriali e incasso rifiuti (o silenzi), mobilito vecchie conoscenze. Senza risultato. Sbatto il muso contro la precarietà di un’Italia che non ha mantenuto fin troppe promesse.

L’impatto è forte, così forte che mi accorgo di essere arrivata a 26 anni e di non aver ancora elaborato un piano B.

Nel cuore, però, conservo la consapevolezza del valore di ciò che ci regalano le api. Mi ha accompagnato, discreta e silente, per anni. Sarà la crisi dell’occupazione, o il pesante pessimismo che cerca di distruggere la motivazione di noi under 30. Ma a un certo punto il malessere diventa troppo da sopportare. Così decido di ascoltare quel richiamo istintuale che mi spinge verso l’apicoltura.

Quando si dice che la famiglia è importante, in Italia, non è uno scherzo. Sono trent’anni che mio padre alleva api. Ma è anche un imprenditore, attivo nel campo della robotica, in una provincia del Nordest. «Perché non creiamo un’azienda di miele biologico, il mercato è in crescita e può darti lavoro e soddisfazioni».

«Papà, mica sono laureata in economia aziendale». «Ma hai studiato: in mano hai gli strumenti per fare qualunque cosa».

Oggi quell’attività esiste. È una piccola impresa individuale. Non nascondo che piombare in un mondo completamente diverso non è una passeggiata. Così come essere imprenditori (e apprendisti apicoltori) non è un gioco. Ma quell’intuizione ha spazzato via tutto: delusione, angoscia, schiavitù professionale. E siccome a me studiare piace, ho continuato a investire in formazione. Diploma alberghiero in pasticceria, qualifica di esperto in Analisi sensoriale del miele, aggiornamenti su igiene e sicurezza alimentare. E il giornalismo? Scrivo per me, e scrivo di food, la mia passione. Due privilegi che difficilmente, là fuori, coesistono. Nel mio blog disoccupatincucina.it racconto storie di chi, come me, ha trovato una seconda possibilità nel comparto della gastronomia.

Sperimento e pubblico ricette per il puro gusto di impiastricciarmi le mani. Ho 28 anni, ma sotto sotto sono di nuovo quella bambina, tra fiori, api e natura, per me davvero miracolosa.

Udine, 25 aprile 2014Francesca Gobbo

Originariamente pubblicato su chefuturo.it
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