La situazione a Gaza è drammaticamente peggiorata con la chiusura, avvenuta il 26 giugno, dell’ultimo valico attivo nel nord della Striscia, quello di Zikim. Questo passo non solo interrompe l’unica via diretta per l’arrivo di aiuti umanitari, ma mette in serio pericolo circa un milione di palestinesi, bloccati in una regione già afflitta da occupazioni militari e ordini di evacuazione. Le autorità israeliane hanno giustificato questa azione con la diffusione di un video inquietante, che mostrava uomini armati a bordo di camion destinati agli aiuti. Ma cosa si nasconde realmente dietro questa decisione?
1. La motivazione dietro la chiusura del valico
Le autorità israeliane affermano che i miliziani di Hamas stavano cercando di infiltrarsi nella distribuzione degli aiuti.
Tuttavia, fonti locali smentiscono questa versione, sostenendo che quegli uomini armati non erano altro che membri di clan gazawi, incaricati di proteggere i convogli dagli attacchi dei ladri e dei saccheggiatori. Queste divergenze evidenziano una realtà complessa e sfumata, in cui le percezioni e le narrative si intrecciano in modo critico.
Il primo ministro Benjamin Netanyahu ha ordinato all’esercito di elaborare un piano entro due giorni per prevenire ulteriori infiltrazioni di Hamas. Ma l’ombra di pressioni politiche si fa sentire: il ministro delle Finanze Bezalel Smotrich avrebbe minacciato di lasciare il governo se non fosse stato adottato un provvedimento immediato dopo aver visto il video degli uomini armati. In un contesto così teso, emerge la domanda: chi sta realmente controllando la narrazione degli eventi a Gaza?
2. L’impatto umano della chiusura
La Gaza Humanitarian Foundation è l’unica organizzazione autorizzata a distribuire aiuti nella Striscia, dopo che Israele ha imposto una sospensione parziale. Secondo il direttore esecutivo ad interim John Acree, l’organizzazione ha distribuito oltre 38.000 scatole di cibo, fornendo pasti a decine di migliaia di persone. Tuttavia, i dati parlano chiaro: dal 26 maggio, sono stati uccisi almeno 549 palestinesi, con 4.066 feriti e 39 dispersi. La chiusura del valico di Zikim non fa altro che aggravare una crisi umanitaria già in corso, aumentando il numero di coloro che soffrono in silenzio.
La situazione è ulteriormente complicata dalla reazione della comunità internazionale. Durante il Consiglio europeo a Bruxelles, il premier spagnolo Pedro Sánchez ha chiesto la sospensione immediata dell’Accordo di Associazione tra l’Unione Europea e Israele, sottolineando le violazioni dei diritti umani che caratterizzano il conflitto attuale.
Ma la risposta è stata un rinvio a luglio 2025, lasciando molte domande senza risposta e molti palestinesi senza speranza.
3. Le ripercussioni politiche e diplomatiche
Le divisioni all’interno dell’Europa complicano ulteriormente il panorama. Nonostante le richieste di maggiore pressione su Israele, la Germania ha cambiato rotta, appoggiando apertamente le azioni israeliane, mentre altri stati membri rimangono indecisi. La necessità di un consenso unanime per sospendere l’accordo rende difficile qualsiasi azione concreta, mentre i diritti umani continuano a essere calpestati in nome della geopolitica.
La chiusura del valico di Zikim non è solo un episodio isolato, ma piuttosto un riflesso di tensioni ben più profonde. Mentre i leader europei si riuniscono per discutere, la vita quotidiana dei palestinesi a Gaza continua a essere segnata da sofferenza e incertezze. Sarà curioso vedere come evolverà questa situazione nei prossimi mesi e quali saranno le conseguenze per la regione e per la comunità internazionale.