Condividere non è una moda ma una tradizione antica. Recuperiamola

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Il prossimo 29 novembre a Milano si terrà Sharitaly, il primo evento interamente dedicato all’economia collaborativa in Italia curato da Collaboriamo (directory dei servizi collaborativi) con il contributo organizzativo e scientifico di Università Cattolica del Sacro Cuore e FEEM, Fondazione Eni Enrico Mattei.

Una giornata tutta dedicata alla sharing economy. L’idea nasce dopo Leweb dello scorso giugno. Una conferenza – la più importante forse in Europa nel mondo dell’innovazione tecnologica – tutta dedicata, in quella sessione, all’economia collaborativa.

Una delusione per chi mastica già l’argomento perché non aggiunge molto a quanto già si conosce e, soprattutto perché la sharing economy viene “celebrata”, lasciando quasi completamente da parte ogni spirito critico.

Lo stesso approccio in quel periodo si ritrova anche sui giornali nostrani, che da qualche mese, hanno iniziato a interessarsi al tema.

A parte alcuni approfondimenti ben fatti, la sharing economy finisce spesso – e a volte anche oggi – in contesti molti “modaioli”, e viene descritta come una risposta “stravagante” alla crisi, senza nessun tentativo di valutare il reale peso del fenomeno.

Mentre, invece, l’economia collaborativa si inizia a diffondere incidendo in modo concreto nella vita di tutti i giorni delle persone (The people who share calcola che da maggio 2012 a maggio 2013 i britannici hanno guadagnato grazie ai servizi collaborativi un totale di 4.6 miliardi di sterline, mentre gli americani 3,5 miliardi di dollari nel solo 2013) e

anche in Italia inizia a prendere forma un movimento: cresce la consapevolezza in molti startupper di far parte di un contesto più ampio.

Sempre di più ricercatori e opinionisti si interessano al tema, offrendo spunti e riflessioni che diventa stimolante discutere in una giornata dedicata.

Sharitaly nasce, così, anche dal desiderio di smentire un luogo comune: quello che gli italiani non sono predisposti a condividere.

Quando si parla di sharing economy si trova sempre un pubblico interessato e incuriosito. Ma prima o poi, c’è sempre chi afferma: “Bello, ma in Italia non funzionerà mai!”, “Si ma noi italiani siamo troppo individualisti!”, “Noi non lasceremo mai le nostre case a degli sconosciuti”.

Senza sapere che in Italia Airbnb ha un’offerta di abitazioni tra le più alte d’Europa e che anche gli altri servizi internazionali crescono nel nostro paese più velocemente che in altre parti del vecchio continente.

E dimenticando anche che noi italiani abbiamo smesso di condividere solo qualche decennio fa, con l’avvento della società dei consumi, o che Robert Putnam, il grande sociologo americano che ha a lungo studiato l’Italia, nel suo Making democracy work, ha scritto che il diffuso capitale sociale degli italiani è stato alla base del boom economico degli anni sessanta.

E’ vero che da noi i servizi collaborativi sono in forte ritardo ma questo si deve ad altri problemi tutti italiani: alla solita questione della limitata diffusione di internet, alla mancanza di fondi per le start up, alla mancanza di formazione dei nostri ragazzi, che non permettono a queste piccole imprese di formarsi e crescere.

Sharitaly nasce così anche dalla consapevolezza che bisogna fare un passo avanti. Dopo mesi in cui si è preso parte a dibattiti, eventi, discussioni sulla sharing economy, è cresciuta l’esigenza di uscire dai luoghi in cui si è soliti discutere per cercare di raggiungere un pubblico più ampio e poter dare più slancio a questa nuova economia.

Ecco dunque Sharitaly:

una giornata che ha l’obiettivo di fare il punto sull’economia collaborativa in Italia, ma anche di riflettere insieme a esperti internazionali, startup, imprese e amministrazioni sul potenziale dei nuovi modelli di produzione e consumo basati sulla condivisione. Si svolgerà in due momenti.

La mattina, presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano, avrà l’obiettivo di contestualizzare il fenomeno all’estero, attraverso una relazione di April Rinne di Collaborative Lab (agenzia fondata da Rachel Botsman, autrice di What’s your mine is yours, il primo libro che ha affrontato il tema), e di capire a che punto è l’Italia.

Attraverso un’introduzione di Collaboriamo, seguita da tre ricerche inedite, (realizzate da ModaCult dell’Università Cattolica del Sacro Cuore, Duepuntozero DOXA e IBM) si traccerà il quadro aggiornato dell’economia collaborativa italiana presentando la mappatura delle esperienze e l’analisi della propensione degli italiani all’utilizzo dei servizi.

Seguirà poi un giurista che illustrerà le sfide normative lanciate dalla sharing economy, un economista che si soffermerà sul modello economico basato sulla collaborazione – alternativo o complementare a quello tradizionale?.

Infine, a un designer che racconterà come quello che si sta affermando sia un nuovo modello di servizio basato sulla partecipazione e sul ruolo attivo dei cittadini.

Nel pomeriggio, invece, al Palazzo delle Stelline sede della Fondazione Eni Enrico Mattei, gli ospiti verranno suddivisi in gruppi di lavoro e, attraverso workshop moderati da una delle più importanti agenzie di facilitazione, si lavorerà per capire quali opportunità possono aprire i modelli collaborativi per creare innovazione e per vincere le sfide lanciate da cittadini sempre più esigenti e consapevoli che, grazie alle tecnologie digitali, e spinti anche dalla crisi, tendono sempre di più a “disintermediare” e a far da sé.

Con Sharitaly, insomma, si vuole creare fiducia intorno al tema della sharing economy. Al mattino diffondendo conoscenza e consapevolezza, al pomeriggio promuovendo contaminazione fra diversi attori.Una sfida non facile anche perché immaginiamo che quanto emergerà dalle ricerche e dal dibattito metterà in luce un paese che si sta aprendo con interesse ma anche con prudenza verso questi temi.Per questo vediamo Sharitaly più come un punto di partenza che di arrivo, sperando che offrirà spunti e opportunità e che si troveranno diversi attori capaci di raccoglierli.

Originariamente pubblicato su chefuturo.it
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Scritto da chef

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