Nel cuore della crisi umanitaria a Gaza, emergono dati che lasciano senza parole e che potrebbero cambiare radicalmente la narrazione sul conflitto israelo-palestinese. Non crederai mai a quello che è successo: secondo un database classificato dell’intelligence militare israeliana, ben l’83% delle vittime palestinesi sono civili. Questo rapporto, frutto di un’inchiesta congiunta tra diverse testate, mette in luce una realtà che contraddice fortemente le affermazioni del governo israeliano, il quale sostiene che il numero di civili e militanti uccisi sia quasi equivalente.
I numeri che fanno riflettere
Fino a maggio 2025, il bilancio delle vittime palestinesi ha raggiunto la cifra impressionante di 53.000. Di questi, solo 8.900 sono stati identificati come combattenti di Hamas o della Jihad islamica palestinese.
Ciò significa che oltre 44.000 persone sono civili, una statistica che testimonia l’ampiezza della tragedia umanitaria. Le Forze di difesa israeliane, tuttavia, contestano questi dati, sostenendo che i “terroristi” uccisi sarebbero circa 22.000. Ma le evidenze raccolte dai giornalisti suggeriscono un quadro ben diverso. Ti sei mai chiesto come sia possibile che i numeri possano variare così drasticamente?
In aggiunta a questo dramma, la situazione è ulteriormente aggravata da una crisi alimentare senza precedenti. Le Nazioni Unite hanno dichiarato ufficialmente lo stato di carestia a Gaza, con oltre mezzo milione di persone già in condizioni di fame estrema e altre 640.000 a rischio. La malnutrizione infantile ha raggiunto livelli critici, con migliaia di casi gravi registrati negli ultimi mesi.
Le organizzazioni internazionali fanno appello per un cessate il fuoco immediato, in modo da consentire l’accesso umanitario e la distribuzione di aiuti vitali. Ma cosa accadrà se non si agirà in tempo?
Il database dell’intelligence israeliana
Al centro di questa inchiesta c’è un database riservato gestito dalla Direzione dell’intelligence militare israeliana, noto come Aman. Questo archivio raccoglie informazioni dettagliate sui membri attivi delle organizzazioni armate palestinesi, ma l’accesso è limitato a pochi settori dell’esercito. I giornalisti hanno potuto analizzare solo i dati aggregati, senza poter verificare l’autenticità dei documenti originali. Tuttavia, fonti interne all’intelligence hanno confermato che ogni militante indicato come deceduto è accompagnato da informazioni dettagliate che giustificano la sua classificazione.
Il database contiene un totale di 47.653 nomi di palestinesi considerati membri attivi delle ali militari di Hamas e della Jihad islamica palestinese.
Tra questi, solo 8.900 risultano come combattenti uccisi. È importante notare che la maggior parte di questi militanti era di basso rango, e le stime parlano di un numero limitato di comandanti senior eliminati. Ti sei mai chiesto quali siano le conseguenze di tali dati sulla percezione pubblica del conflitto?
Il lavoro investigativo e le fonti
Le testate coinvolte nell’inchiesta hanno lavorato per mesi, combinando dati numerici con testimonianze di fonti interne all’apparato di sicurezza israeliano. Gli informatori si dividono in due gruppi: da un lato, coloro che vogliono rivelare la verità sulle atrocità in corso; dall’altro, quelli che giustificano le azioni militari. Questa divisione ha portato a una scoperta cruciale: il metodo utilizzato per calcolare il tasso di vittime civili, confrontando i dati delle vittime militanti con quelli complessivi forniti dal ministero della salute di Gaza.
Nonostante le discrepanze nei numeri, risulta chiaro che il numero reale di morti potrebbe essere significativamente più alto di quello registrato, poiché molte vittime potrebbero ancora trovarsi sotto le macerie. Le fonti dell’intelligence israeliana hanno anche messo in discussione i numeri più alti diffusi pubblicamente, ritenendoli imprecisi e basati su rapporti non verificati. Ma come può la verità rimanere nascosta in un contesto così drammatico?
In conclusione, questo scenario tragico e complesso richiede una riflessione profonda e un’azione immediata. La comunità internazionale deve affrontare la questione con urgenza, richiedendo un accesso umanitario e una revisione delle politiche in atto. La verità deve emergere, e le voci dei civili devono essere ascoltate. Dobbiamo chiederci: cosa possiamo fare noi, come individui e come società, per portare l’attenzione su questa crisi?