Caro Renzi, ecco tre parole chiave per vincere la burocrazia

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“Quella della burocrazia è la madre di tutte le battaglie. Significa cambiare mentalità, tutti”.Con questo tweet il Presidente del Consiglio Matteo Renzi, domenica, anticipava il suo discorso programmatico per la fiducia.

Poi, nelle parole pronunciate nell’aula del Senato per la fiducia, Renzi ha chiarito che, nella sua visione, la guerra alla burocrazia si fa semplificando le leggi e facendole attuare, ma si fa – anche – valorizzando il ruolo dei dirigenti pubblici e ancorando la loro valutazione ai risultati raggiunti.

Tutto questo, poi, è accompagnato dalla sbandierata volontà del nuovo esecutivo di operare un deciso ricambio ai vertici dei Ministeri, dove – ormai da lungo tempo – le facce sono sempre le stesse.

Ma questo, ormai, non basta più. Così come non basterebbe più rendere la pubblica amministrazione digitale e semplificare i rapporti con i cittadini, anche se aiuterebbe a costruire un rapporto più sereno con i cittadini e a porre in essere una seria spending review.

L’Agenda Digitale, per quanto importante, è solo una tessera del mosaico di una strategia ben più ampia che attiene il funzionamento della nostra democrazia.

La battaglia contro la “cattiva” burocrazia, infatti, non si fa soltanto a colpi di nuove norme, né semplicemente eliminando la carta o sostituendo i “burocrati vecchi” con “burocrati giovani”.

Se Renzi vuole davvero dare un segnale forte per cambiare “mentalità”, la riforma della burocrazia deve essere immediatamente tradursi in una seria strategia di open government che segni un evidente cambio di passo rispetto al passato.

L’occasione è ghiotta: il governo più giovane della storia della Repubblica può dimostrare che non si tratta solo di slogan, adottando alcune importanti azioni che – indipendentemente dalla durata della legislatura – diano una connotazione storica all’operato del nuovo esecutivo.

Efficaci iniziative in tema di trasparenza, partecipazione e collaborazione che possono essere poste in essere immediatamente (ben prima che cambino le norme) e che servirebbero anche a ricostruire la legittimazione popolare di un esecutivo a cui in tanti addebitano il “peccato originale” di essere nato senza ll’investitura delle urne.

Vincere la battaglia contro la burocrazia, nel 2014, significa completare la transizione verso un’amministrazione aperta. Aperta all’innovazione, certo, ma anche – e anzi soprattutto – alla trasparenza, alla partecipazione e alla collaborazione.

1. TRASPARENZA: Open Siope e il “file excel”

Nel suo discorso in Senato, il premier Renzi ha parlato espressamente di Freedom of Information Act (che i lettori di CheFuturo conoscono già) e accountability, impegnandosi a mettere on line tutte le spese.

Una delle prime priorità è quindi quella di fornire trasparenza sul “come” vengono utilizzati i soldi delle tasse dei cittadini. Non si tratta di voyeurismo, ma di una misura che consente di migliorare la qualità della spesa e di individuare più facilmente gli sprechi.

In realtà, alcune norme degli ultimi anni (dal Decreto “Sviluppo-bis” al “Decreto Trasparenza”) hanno già imposto a tutte le amministrazioni di pubblicare bilanci e dati di spesa sui propri siti web. Ma – come dimostrano le parole di Renzi – queste norme non hanno funzionato: non tutti gli Enti pubblicano le informazioni tempestivamente e, troppo spesso, si tratta di dati disomogenei e quindi inconfrontabili. Per non parlare del fatto per cui la frammentazione delle informazioni tra decine, se non centinaia, di siti diversi impedisce – di fatto – la loro confrontabilità e il loro riutilizzo.

Per questo motivo, se il Governo vuole davvero dare pubblicità a questi dati, deve farlo in modo diverso. Magari aderendo alle richieste di chi – da anni – chiede l’apertura dei dati di SIOPE, il sistema informativo sulle operazioni degli Enti pubblici che raccoglie i dati degli incassi e dei pagamenti effettuati da tutte le amministrazioni. Il SIOPE, partito nel 2003, è un potentissimo strumento di monitoraggio dei conti pubblici, nato per la rilevazione in tempo reale dei loro fabbisogni.

Finora, i dati di SIOPE sono accessibili solo da chi gestisce il sistema (Banca d’Italia, Ragioneria Generale dello Stato e ISTAT) oltre che da tutti gli Enti coinvolti nella rilevazione. Eppure, se quei dati fossero aperti, pubblicati cioè come open data, il valore di SIOPE potrebbe rappresentare:

1. uno strumento di trasparenza, innescando forme di controllo diffuso che consenta ai cittadini di verificare, in modo agevole, i dati relativi alle spese dei singoli Enti;

2. uno strumento di semplificazione che permetta, attraverso l’apertura di una sola banca dati, di pubblicare di dati di tutte le pubbliche amministrazioni, senza onerare ciascun Ente di esporre i propri dati (con tutte le problematiche legate ai costi e alla complessità per enti piccoli o piccolissimi).

3. un contributo alla crescita del settore privato, dal momento che le informazioni contenute in SIOPE potrebbero essere riutilizzate per creare app e servizi.

Aprire SIOPE, quindi, ma non solo. Il Governo ha anche la possibilità di mostrare in modo tangibile che la trasparenza serve – innanzitutto – a creare una classe dirigente responsabile in grado di rendere conto di quanto fatto durante il mandato.

Sarebbe quindi sicuramente un bel segnale la pubblicazione, sul sito di Palazzo Chigi, di una sezione dedicata all’attuazione del programma di Governo (il famoso “file excel” di cui ha parlato Renzi), con tanto di tempi previsti per l’attuazione delle singole azioni, nomi di Ministri e burocrati responsabili e provvedimenti adottati. La vera valutazione di amministratori e dirigenti, ormai, può essere fatta direttamente dai cittadini, a condizione che questi abbiano le informazioni per controllare l’operato del Governo.

2. PARTECIPAZIONE: accorciare le distanze tra cittadini e istituzioni

La burocrazia si combatte anche superando la contrapposizione tra Governo e cittadini che – da controparti – diventano partner.

Molto spesso ci si lamenta della distanza delle istituzioni rispetto ai cittadini: l’agenda dell’esecutivo è spesso drammaticamente distante dai problemi del “Paese reale”, per non parlare del fatto che i cittadini non vengono mai consultati nel corso dell’iter per la formazione dei provvedimenti del Governo.

Le nuove tecnologie e gli strumenti dell’Open Government possono venire in soccorso da questo punto di vista e conferire nuova legittimità al processo decisionale. Una delle azioni da intraprendere potrebbe essere la creazione, in seno al portale governativo, di una piattaforma di petizioni.

Diversi sono gli esempi internazionali: tutte le petizioni caricate su We the People (la piattaforma del Governo Americano) che vengono sottoscritte, in trenta giorni, da almeno 25mila persone ricevono una risposta dal Governo federale (un meccanismo simile è quello delle e-petitions del Governo britannico).

Anche a prescindere da ogni obbligo giuridico, Renzi potrebbe vincolare sé e i suoi Ministri a prendere posizione sulle petizioni che abbiano raggiunto un determinato quorum, in un termine certo (ad es. nei trenta giorni successivi alla chiusura della petizione). Una misura di questo tipo avrebbe l’indubbio vantaggio di creare un canale di comunicazione pubblico privilegiato con il Governo, che non consista nella mera possibilità di inviare mail o tweet, ma di condizionare realmente le scelte e l’agenda dell’esecutivo.

3. COLLABORAZIONE: i cittadini possono aiutare Ministri e burocrati

La burocrazia si sconfigge anche sovvertendo il tradizionale metodo gerarchico che vuole che i cittadini apprendano dell’adozione degli atti del governo (dai decreti legge ai regolamenti) solo in seguito alla pubblicazione in Gazzetta Ufficiale.

Se per ciascuna delle riforme volute da Renzi si aprisse una consultazione pubblica (non necessariamente solo telematica), sicuramente questo consentirebbe di valorizzare l’enorme bagaglio di professionalità e competenze che – attualmente – rimangono al di fuori degli uffici legislativi e di staff dei diversi ministeri, evitando riforme “bureaucracy driven” e non orientate a risolvere i problemi dei cittadini e delle imprese. Oltre a marginalizzare il ruolo di quelle potenti lobby che, pur tanto demonizzate, sono riuscite fin qui a bloccare le riforme di cui tutti parlano.

Si tratta di tre punti che non richiedono tempi lunghi e che possono essere realizzati anche fin da subito. Lavorare in questa direzione significherebbe rendere irreversibile la guerra contro la “cattiva burocrazia” e il percorso di digitalizzazione ed innovazione della nostra democrazia. Azioni concrete, efficaci – probabilmente – più di cento norme e conferenze stampa.

Perché, come disse Sandro Pertini (ricordato proprio da Matteo Renzi), “il Paese ha bisogno di esempi, non di prediche”.

Originariamente pubblicato su chefuturo.it
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