Basta app musicali: servono startup per rifare l’Italia (e l’Emilia)

scienze

Giovedì scorso sono stata a Mirandola. Arrivarci è già difficile, non per la viabilità ma per il misto di emozioni che uno prova: tendopoli, case inagibili, container al posto dei negozi e delle banche, gente al lavoro per mettere in sicurezza questa o quella strada.

Uno scenario duro, surreale, che non ti aspetti. Perché un conto è, forse, immaginarsi una cosa del genere dall’altra parte del mondo o guardarla in televisione, un altro è vederlo a casa tua. E per quanto banale possa sembrare dirlo, la sofferenza, la disillusione e l’incertezza sono un po’ ovunque, e avviluppano tutto quello che ancora resiste.

Un’altra cosa mi ha colpita però, e forse ancora più profondamente di altre: la responsabilità. Già, responsabilità, una parola che di questi tempi uno ha quasi paura a pronunciare, specialmente in pubblico.

Negli ultimi mesi le cronache non hanno risparmiato davvero nessuno, né da una parte né dall’altra, e il “si salvi chi può” è diventato purtroppo la bandiera di molti, a tutti i livelli, un po’ dappertutto. La responsabilità sembra aver fatto i bagagli e aver lasciato il Paese.

In una tragedia tuttavia la logica comune viene ribaltata, e uno non può pensare unicamente al suo dolore o a quello che ha perso, perché la collettività ha perso molto, molto di più in proporzione.

Ha perso strutture, servizi, lavoro. Ha perso la capacità di guardare avanti. Ha perso la normalità e, con quella, la fiducia in tempi migliori.

Una cosa però, l’ha guadagnata, magari: la determinazione di tantissime persone che, per quanto possibile e con enormi sacrifici anche personali, cercano di andare al di là della propria individualità per essere utili alla collettività, facendo quanto possibile in maniera gratuita.

È il caso di Elena Calanca dell’associazione Tutti a Bordo!, che organizza bibliotende nei vari campi presenti sul territorio comunale per donare sorrisi e momenti di svago tramite i libri. Nonostante abbia perso la sua attività nel sisma e viva con la famiglia in un camper. Oppure quello di Alan Teodorini e della pagina Facebook Una Speranza per Mirandola, un gruppo aperto che cerca di gestire la logistica dello smistamento dei prodotti inviati da tutta Italia a supporto dei Mirandolesi.

E come loro, altri. Nei campi allestiti dalla Protezione Civile, si sentono storie di persone che hanno perso tutto ma che vorrebbero ricominciare. Persone che ferme non sanno stare, e che la propria dignità la vedo passare anche attraverso il lavoro.

Persone che hanno solo bisogno di un piccolo aiuto per ricreare quello che il terremoto ha portato via. In un momento estremamente delicato delle loro vite e del territorio, la voglia di ricominciare continua a essere più forte di tutto.

Per questo, nel dibattito ormai quotidiano sul ruolo delle startup e dell’innovazione, è necessario tenere a mente che ci sono territori che hanno perso tanto, tutto. Tutto ma non la propria dignità e spirito, e che potrebbero diventare i capofila di un processo rigenerativo che deve interessare l’intero Paese. Non startup e innovazione fine a se stessa dunque – diciamolo, abbiamo veramente bisogno dell’ennesima app di musica, sconti o sharing? – ma riqualificazione di un territorio, del suo tessuto economico, sociale e culturale unico e irripetibile altrove, del suo ingegno e delle sue peculiarità.

Se l’ecosistema dell’innovazione italiana deve poter crescere in maniera puntuale e diffusa, allora dobbiamo fare in modo che si radichi ovunque, anche nelle zone più difficili. Non si può pensare che il paese possa ripartire unicamente dove è più facile, trascurando, anche momentaneamente il resto: la storia parla chiaro, gli errori già fatti in passato sono sotto gli occhi di tutti anche ai giorni nostri, e ripeterli sarebbe una follia.

Ecco perché, se vogliamo che i centinaia di eventi, consultazioni, concorsi e misure per le startup e l’innovazione portino davvero a qualcosa, è fondamentale mettere da parte i massimi sistemi e le occasioni-vetrina e sporcarsi davvero le mani con tutto quello che è possibile fare concretamente. Cominciamo insieme a chi si sporca le mani tutti i giorni per non cedere alla paura, alla disperazione e all’inerzia.

Insieme a chi crede che un futuro migliore sia un diritto, da conquistare con sacrificio e onestà tutti i giorni, e a chi continua a pensare che l’Italia possa ancora diventare il paese dei sogni. A Mirandola come in moltissime altre zone della penisola, nessuna esclusa. Anche questa è, dopotutto, responsabilità. Facciamo che, almeno per una volta – questa volta – sia però responsabilità davvero di tutti.

Roma, 19 luglio 2012SELENE BIFFI

Originariamente pubblicato su chefuturo.it
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