Alessandro Fusacchia:Come è nato il premio Leonardo speciale Startup

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Il Comitato Leonardo esiste dal 1994 e in questi anni ha premiato l’imprenditoria italiana che ha fatto grande il nome del nostro Paese nel mondo. Tanto per menzionarne alcuni, sono stati premiati imprenditori come Armani, Benetton, Del Vecchio, Ferrero o Pininfarina. Nel corso degli anni, sono stati istituiti altri premi collegati al premio principale, come il premio Qualità Italia o il premio Leonardo International. Non si tratta chiaramente di premi in denaro, ma di un riconoscimento, di un attestato. Per capirci, si chiama “premio” ma assomiglia di più ad un’onorificenza.

Quest’anno, considerato l’impegno del Governo per creare un quadro normativo più favorevole alla nascita e allo sviluppo delle startup innovative, il Comitato Leonardo e l’ICE hanno pensato di dare vita ad una sezione speciale del premio, dedicato proprio alle startup.

E noi siamo stati felici di sostenere quest’iniziativa. Perché? Perché si tratta di un premio ambito, conferito direttamente dal Presidente della Repubblica, che contribuirà a raccontare che, oltre ad aziende di famiglia con 30 o 300 anni di storia, ne esistono altre, di costituzione più recente, che rappresentano la nuova primavera dell’imprenditoria nazionale. Di quell’imprenditoria (spesso) di prima generazione che ha deciso di puntare sull’innovazione e che già oggi rappresenta un patrimonio importante da valorizzare all’estero.

Nel “disegnare” il premio Leonardo speciale startup siamo partiti da due domande.

La prima: come facciamo ad evitare il paradosso? Il premio Leonardo non è un premio di incoraggiamento. È, sostanzialmente, un premio alla carriera. Ma allora come facciamo ad assegnarlo ad un’azienda nata da poco, che non si è necessariamente affermata nel corso dei decenni?

Per superare questo paradosso ed essere sicuri di premiare realtà consolidate, di successo comprovato – come nel caso di tutte le aziende premiate dal Comitato Leonardo -, abbiamo deciso di essere flessibili rispetto ad alcuni dei criteri non “ontologici” delle startup innovative, come quello anagrafico (ma vale anche per il fatturato), che sono stati invece utilizzati per perimetrare le aziende beneficiarie delle misure di agevolazione previste nel decreto.

E abbiamo puntato sui criteri più legati all’innovazione e strettamente identificativi delle startup. Nessuno pensa che una startup innovativa di 3 anni e 11 mesi smetta di esserlo due mesi dopo. Così come una startup con 4,9 milioni di euro di fatturato non smette di esserlo 200 mila euro dopo. Abbiamo dovuto introdurre nella legge numero di anni e fatturato non perché lo Stato decidesse in assoluto per decreto cosa è una startup, ma molto più pragmaticamente perché si riuscisse a identificare le startup che possono beneficiare di in un pacchetto di agevolazioni.

La seconda domanda che ci siamo posti è stata: chi sceglie la startup vincitrice? Normalmente i premi Leonardo sono assegnati, al termine di un sondaggio fatto tra tutte le imprese socie del Comitato Leonardo, da una giuria che si basa su una commissione di designazione.

Nel nostro caso non c’erano i tempi per procedere in questo modo. Volevamo però evitare di designare il vincitore ex officio. Abbiamo quindi pensato ad una formula che ci consentisse di mettere insieme, da un lato, pragmaticità e tempi ristretti per identificare la startup da premiare, e dall’altro legittimazione della scelta e coinvolgimento del mondo startup.

Che formula abbiamo immaginato? Abbiamo chiesto ad alcune associazioni particolarmente rappresentative dell’ecosistema startup di proporre due aziende ciascuna, limitandoci a spiegare loro il ragionamento fatto sopra e chiedendo solo che le due startup fossero attive in settori diversi. Quando dico associazioni rappresentative mi riferisco al fatto che abbiamo coinvolto gli incubatori, i business angels, il mondo del venture capital, ed altre realtà che avevano dimostrato una certa capacità di aggregazione sul fronte startup.

Abbiamo proposto a queste associazioni una divisione del lavoro: “noi ci prendiamo la responsabilità di scegliere voi come associazioni. Voi vi prendete la responsabilità di identificare due startup ciascuna, predisponendo così la short-list delle dieci finaliste. Noi, infine, ci facciamo carico della scelta della startup vincitrice, a partire da questa short-list. E insieme, noi e voi, facciamo tutto questo esercizio pubblicamente, con la massima trasparenza, di modo che ognuno possa giudicare chi e come avrà preso certe decisioni”.

Abbiamo inviato loro un formulario standard e in pochi giorni le associazioni ci hanno risposto indicandoci le startup candidate. Adesso ne sceglieremo una, perché per definizione i premi richiedono un vincitore. Ma la sceglieremo a partire da una short-list che non abbiamo preparato noi, ma associazioni che di startup ne sanno più di noi.

Potrà non convincervi, ma lasciate che vi dica come lo vedo io questo premio Leonardo per le startup e che vi dica perché ad un certo punto – spassionatamente, tra mille cose più urgenti a cui pensare – abbiamo deciso che valesse assolutamente la pena dedicargli un po’ di energie e tempo.

Io lo vedo come una festa, come una celebrazione. Come un “far salire agli onori” il mondo delle startup. Lo vedo come una testimonianza.

Non a caso abbiamo detto che tra le dieci sceglieremo quella che a nostro avviso esercita anche una forte capacità narrativa sulle nuove generazioni.

Osserviamo bene quello che succederà: il 15 febbraio al Quirinale ci sarà una delle dieci finaliste, ma in realtà ci saranno tutte. Non solo tutte e dieci, ma tutte quante le startup d’Italia. Tutte le startup giovani o vecchie che nel corso di questi ultimi mesi sono diventate per tutti – non solo per chi le fa, ma anche per chi ci lavora, per chi le finanzia, le incuba, per chi prova a scriverci un articolo di legge o un post, o anche per chi, semplicemente, sogna di crearne una – un pezzo essenziale della prospettiva di crescita economica e della capacità di rendere il Paese più dinamico, attento all’innovazione, capace di cogliere le opportunità.

ALESSANDRO FUSACCHIA

Originariamente pubblicato su chefuturo.it
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