Alberto Trentini, cooperante internazionale per la ONG Humanity & Inclusion, ha contattato la sua famiglia per la terza volta dopo 327 giorni di prigionia in Venezuela. Arrestato il 15 novembre, Alberto si trovava nel paese sudamericano per una missione di cooperazione quando è stato detenuto. La telefonata, avvenuta il 9 ottobre, ha portato un raggio di speranza non solo alla sua famiglia, ma anche a tutti coloro che si stanno mobilitando per la sua liberazione.
Una comunicazione attesa
La famiglia di Alberto ha confermato l’avvenuta comunicazione attraverso una nota ufficiale, diffusa dall’avvocato Alessandra Ballerini, specializzata in diritto internazionale. In essa, si sottolinea che questo contatto avviene dopo una serie di eventi significativi, come la visita in carcere da parte dell’ambasciatore italiano e l’arrivo a Roma di una delegazione venezuelana.
Alberto ha rassicurato i suoi cari di essere in buone condizioni e ha chiesto loro di prendersi cura di sé. Il suo messaggio di gratitudine per il supporto ricevuto è stato un segnale di resilienza e determinazione.
Il contesto delle visite diplomatiche
Negli ultimi mesi, la situazione di Alberto ha visto un miglioramento grazie all’intervento diplomatico italiano. A seguito della visita dell’ambasciatore Giovanni Umberto De Vito, avvenuta il 24 settembre, sono emerse nuove possibilità di dialogo tra i governi italiano e venezuelano. L’ambasciatore ha avuto l’opportunità di incontrare non solo Alberto, ma anche Mario Burlò, un imprenditore italiano coinvolto in un caso legale a Torino. La visita ha segnato un punto di svolta nelle relazioni diplomatiche, rimaste stagnanti per oltre quattro anni.
Le reazioni della famiglia e della comunità
In un contesto di crescente preoccupazione, la madre di Alberto, Armanda Colusso, ha inizialmente mantenuto un profilo basso per favorire le trattative. Tuttavia, con l’evolversi della situazione, ha iniziato a lanciare appelli pubblici per sensibilizzare l’opinione pubblica. Questi appelli hanno portato a una mobilitazione significativa, come dimostra la petizione avviata su Change.org, che ha già raccolto oltre 100.000 firme. Anche iniziative simboliche, come il digiuno a staffetta e una manifestazione navale a Venezia, hanno contribuito a mantenere viva l’attenzione mediatica sul caso di Alberto.
La posizione del governo italiano
Il governo italiano, attraverso il Ministro degli Esteri Antonio Tajani, ha preso misure concrete per seguire la situazione di circa quindici cittadini italiani detenuti in Venezuela.
Tajani ha nominato Luigi Vignali come inviato speciale della Farnesina, con l’obiettivo di monitorare e supportare questi casi. Questo impegno politico è stato ulteriormente rafforzato dalla dichiarazione pubblica della premier Giorgia Meloni, che ha espresso il suo sostegno per il ritorno di Alberto in patria.
Un futuro incerto ma promettente
La telefonata del 9 ottobre si aggiunge a due precedenti contatti avvenuti nel corso dell’anno, il primo il 15 maggio e il secondo il 26 luglio. In quest’ultimo, Alberto aveva comunicato di sentirsi bene, ma visibilmente provato dalla lunga detenzione. La sua capacità di mantenere un atteggiamento positivo, nonostante le circostanze difficili, è un chiaro segno della sua forza interiore. Con l’intensificarsi delle trattative e il sostegno della comunità, la speranza per una risoluzione positiva cresce ogni giorno di più.