8 buone pratiche imparate nei primi due anni di Officine Arduino

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Venerdì prossimo – è inevitabile – sarà per molti (solo) la tradizionale festa dell’am(mm)ore. A Toolbox ed al Fablab di Torino festeggiamo anche i due anni di Officine Arduino.

Facciamo una piccola festicciola nel tardo pomeriggio a cui potete partecipare iscrivendovi qui. Il bello delle nostre feste, oltre ad essere contraddistinte da un marcato senso della frugalità, é un tradizionale workshop che viene realizzato nei due giorni successivi. L’anno scorso abbiamo chiamato Josef Prusa e Alessandro Ranellucci costruendo 10 stampanti 3D da zero: era l’anno della prima Maker Faire Europea e i due rappresentavano (e rappresentano) con la loro amicizia e la loro passione un sentimento veramente europeo, che si respira da Copenhagen e a Barcellona, da Pula (dove apre un Fablab lunedì prossimo) a Rimini.

Quest’anno ospitiamo un workshop di autocostruzione di una lavagna interattiva multimediale open source, un progetto tutto italiano portato avanti da Pietro Pilolli, Matteo Ruffoni e Massimo Bosetti.

Sono molte le scuole che già adottano questo sistema, magari ce n’é una dietro casa. [dai un occhiata alla mappa]

Dal sito di wiildos […] L’opera è infatti sottotitolata “libera la lavagna”. L’intento è quello di collaborare con i formatori al fine di collezionare e creare applicazioni di software libero che coadiuvino l’insegnamento con computer e lavagne interattive multimediali. L’assunto di partenza è che la scuola e gli ambienti di formazioni sono il luogo principe di costruzione della cultura del domani. Data la ristrettezza economica e gli enormi sprechi economici nel mondo della scuola, crediamo che l’unica via percorribile sia la creazione di programmi open source creati in maniera collaborativa e a disposizione di tutti.

[…]

Nella tarda mattinata di venerdì 14/2 Toolbox ospiterà anche la conferenza stampa della neonata fondazione per la promozione del movimento maker in Italia, la Make in Italy Cdb Onlus (se sei un giornalista / maker iscriviti qui).

Per chi fosse interessato ad approfondire il discorso su come fare un Fablab, Massimo Menichinelli, Enrico Bassi, Francesco Bombardi tengono un workshop su come farlo.

Due Anni.

Vedo un sacco di entusiasmo intorno al mondo dei makers. E’ giovane, ha le trame molto larghe e questo permette grandissimi livelli di sperimentazione. In due anni siamo passati da due Fablab (inizio 2012) a più di 40 ora. E’ una sostanza con un livello di volatilità molto alto, ma sono sicuro che non la sprecheremo.

L’entusiasmo che registro é trasversale all’età, al sesso ma sopratutto alle compentenze.

Il Maker é il biglietto per entrare in mondi in cui c’é sempre stata selezione all’ingresso.L’elettronica, il cucito, la prototipazione rapida ma più in generale l’intervenire sui prodotti, modificarli e quindi migliorarli. La voglia di condividere e di migliorare quello che é stato fatto da altri é la vera garanzia di perpetua evoluzione di un progetto.

Credo profondamente in questo slogan / manifesto.

Porto avanti l’esperienza di Officine sotto l’occhio vigile dell’ArduinoTeam, che ha creduto in me, e con l’aiuto di collaboratori e colleghi straodinari. Alcuni sono associati al FablabTorino, altri sono colleghi di Officine Arduino. Alcuni sono studenti universitari 20enni, altri sono pensionati. Mi permetto di nominarne qui solamente due: Katia De Coi (Project Manager) ed Enrico Bassi (Coordinatore del Fablab e Designer).

Da buon torinese faccio molta fatica a raccontare i nostri meriti, ma sicuramente non riesco a restituire qui, per iscritto, gli errori che abbiamo commesso in questi due anni: sono troppi.

Mi si chiede: cosa non rifaresti? Oppure quali cose non hai capito o non apprezzi di quello che sta avvenendo? o più in generale un opinione su quello che hai vissuto direttamente in questi due anni di Officine, che é un’azienda, un makerspace ed un fablab.

Ho provato con Enrico e Katia a riassumere qui per sommi capi otto consigli o più in generale buone pratiche.

1. Fai meno, fai meglio.

La prima. La migliore. Sono anni (molti più di due) che non (ci) mi fermo. Sarebbe interessante capire cosa succederebbe se uno andasse un po’ più lentamente. Prendersi il giusto tempo per fare una scelta e imparare a dire di no più spesso.

EB: l’entusiasmo è una lama a doppio taglio… la voglia ti fare tutto ti porta a non finire nulla. se non hai i progetti finiti non sei più un maker, sei un faker.

2. La palestra e la metafora del maratoneta.

Questo concetto-contenitore dei makers é stato a più riprese utilizzato come possibile salvatore della manodopera/manifattura italiana e ascritto in più occasioni al mondo delle stratup (web e non). Non é così. Potrebbe esserlo, ma non lo é necessariamente. E’ come andare in palestra due volte alla settimana ed incrociare un atleta che va nella stessa palestra per correre nelle competizioni (maratone, ecc..). Andate nella stessa palestra ma questo non significa che abbiate gli stessi obiettivi. Uno può andare anche solo per buttare giù qualche chilo.

KD: un Fablab produce un approccio al fare diverso, non sempre una reale necessità, più spesso una voglia di esprimersi, non sempre si deve fare qualcosa che sia spendibile verso l’esterno, spesso è molto più appagante fare le cose per se, per il semplice gusto di farle. Il Fablab mette disposizione attrezzature, spazi e competenze che uniti a questa volontà al crea una brodaglia culturale in cui magari solo il 5% diventa un prodotto spendibile, ma nel mentre l’intero 100% si è divertito, entrambe le percentuali hanno uguale valore.

3. Le poste francesi potrebbero stamparlo prima di te.

Se apri un makerspace (o fablab, o hackerspace, o chiamalocomevuoi) e vuoi offrire alla gente la possibilità di stampare oggetti in 3D tiene bene a mente che le poste francesi lo stanno per offrire a tutte le persone in coda e alcune biblioteche d’oltremare stanno diventando qualcosa di molto vicino ad un fablab. Cosa rimane (cosa rimarrà?) a questi posti? La comuità. La spinta a crescere. La volontà di condividere buone pratiche educative e produttive. [makerspace]

EB: è la differenza tra il mezzo e il fine: ci sono migliaia di laboratori più attrezzati, più puliti, più efficienti del nostro in italia. ma nessuno li usa… avere in casa scaffali di libri vuol solo dire che li ha comprati, non che li hai letti. avere una bici non ti rende uno sportivo. avere libertà di parola non vuol dire che puoi dire\scrivere qualsiasi minchiata di venga in mente. avere una stampante non vuol dire che hai idee intelligenti da trasformare in oggetti utili

4. Attento a cosa chiedi perché potresti ottenerlo.

Sono moltissime le realtà para-statali, para-comunali e più in generali corporate che sono incuriosite da questo mondo. Non è semplice relazionarsi con loro, é difficile stabilire un rapporto paritario e in generale consiglio di capire presto quali sono i reali motivi di interesse alla base della relazione. Attenti a non finire per essere un’altra medaglia sulla giacca di qualcuno. Vali più di così, piccola

EB: vero, ma alla fine tocca relazionarcisi. dipende forse come lo fai. il problema è che tu sei piccolo e diverso, mentre loro sono grossi e tutti uguali (forse…). allora hai tre possibilità:

4.1- non fare nulla ed evitarli

4.2- diventare grande anche tu: cercare soldi e strutture dietro cui ripararsi, così si combatte ad armi pari

4.3- scrutare dentro il “grande ed uguale” quelli piccoli e diversi come te. di solito ci si riconosce (stessa passione, lo vedi che ci credono, stessa insofferenza). con loro fare piccole cose, ma significative. come sassolini nella scarpa, non ti impediscono di andare avanti ma non posono essere ignorati in eterno

5. Sempre contro corrente.

C’era un periodo (vero) che scrivere con il T9 Arduino restituiva la parola “cretino”. Era quello che ti sentivi dire in giro quando parlavi di open source hardware o di stampanti 3D. Non c’é sentimento di rivincita in questo (sono ancora un cretino!), lo cito perché al momento i makers sono pericolosamente di moda, e questo rende rumorosissimo l’agire in questo ambito. Dai un occhiata in giro prima di costruirti una nuova stampante: quali patenti sono appena scadute? Cosa c’é di nuovo che nessuno ha ancora fatto? Non seguire necessariamente quello che stanno facento tutti gli altri, cerca la tua corrente, potrebbe essere un rigagnolo, ma é quello in cui credi

6. Le macchine, il codice, sono un mezzo, non un fine.

Non pensate che una cosa (volutamente “cosa”. aggiungere “prodotto”, “progetto”, “servizio”, “programma”, “webapp”) debba essere perfetta per essere messa online. Come qualcuno ha sapientemente scritto su una parete a Toolbox: Meglio fatto che perfetto.

EB: noi e la nostra maledetta paura di fallire…ho visto università in cui chi gestisce il laboratorio non vuole gli studenti perchè “mettono in disordine”. meglio non fare nulla che rischiare di sbagliare

7. Meglio gratis che sottopagato

Soprattutto quando si parla di piccole produzioni, di piccoli servizi, di un mondo intorno a noi che non ha ancora capito quello che si può fare con questi mezzi e la loro scalabilità sarete messi molto presto di fronte ad un bivio: abbasso il prezzo o non lo faccio? Sicuramente é una possiblità persa non farlo, e avrete bisogno di mostrare le vostre capacità in giro. Ok, fatelo, ma non pensate di offrire quel servizio abbassando il prezzo: meglio farlo a gratis spiegando quale sarebbe il prezzo reale del servizio offerto ed investendo sulla comunicazione.

8. La qualità é diversa dalla quantità.

Non abbiate paura degli spazi senza gente. Si riempiranno, ma non bisogna avere fretta di farlo. C’é bisogno di tempo per incontrare le persone, incrociare i gruppi di interesse. Anche nell’era dei social. Meglio mettere i remi in barca e capire cosa sta succedendo.

EB: vero, ma le persone giuste sono una su 100. per incontrarla bisogna farne arrivare 100, parlare con tutte, capire che cosa li appassiona e riuscire a fare le connessioni. detto svedese:

“Non esiste il cattivo tempo, solo cattivi vestiti”.

Detto fablab.

“non esistono persone che non collaborano, solo compiti che non li appassionano”.

Mi rendo conto che il detto svedese suona meglio.

KdC: la quantità delle persone garantisce la bordaglia culturale nella quale possono nascere e crescere le migliori idee.

Se avete consigli su come ampliare questo improvvisato decalogo, commentate pure.

Originariamente pubblicato su chefuturo.it
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