5 startup del turismo che affossano per sempre Italia.it

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Ognuno di noi, chi di più chi di meno, viaggia e vive a proprio modo il turismo e spesso si ritrova a cercare informazioni sulle mete da visitare, spesso però non trova facilmente quello che desidera.

È noto a tutti il tonfo fatto da Italia.it che aveva l’obiettivo di rilanciare il turismo nel Bel Paese, costato milioni di euro e con risultati a dir poco vergognosi. Eppure non mancano certo le bellezze ed i luoghi da visitare, andando aldilà degli errori strategici ed operativi compiuti forse si dovrebbe prendere coscienza che è necessario cambiare punto di vista e ribaltare l’approccio ripartendo da un turismo dal basso, dalle persone che attraverso la loro voglia di partecipare riescono a raccontare le città in modo nuovo utilizzando come strumenti i libri,il vino o la street art.

Alcune di queste esperienze le ho conosciute direttamente e ho voglia di condividerle con Voi.

1. La prima storia è quella di Nuok e di Alice Avallone, giovane creativa italiana emigrata nella Grande Mela.

Qual è la storia di Nuok?

Nuok nasce nell’estate 2009 come un blog personale di viaggio e turismo e si allarga nel giro di una manciata di settimane a una community di giovani creativi all’estero, che chiamiamo nuokers. Obiettivo: raccontare il meglio delle città con occhio italiano pieno di meraviglia. New York raccontata dai creativi italiani che la abitano. Non la solita Grande Mela quindi.

Quali sono le città censite ad oggi e che numeri fate?

Attualmente ci sono 58 nuokers che coprono attivamente e in tempo reale 42 città nel mondo, ma in generale abbiamo aperto più di 70 città in questi anni.

Abbiamo 5-6 mila visitatori al giorno, quasi 25 mila fans su Facebook e più di 5 mila su Twitter.

Quali sono le città più consultate?

New York su tutte, seguita da Parigi, Madrid e Sydney per l’estero, e Milano, Bologna e Torino per l’Italia.

Siete stati tra i primi, siete riusciti a trasformarlo anche in un business?

Nuok non ha ricavi diretti per scelta: nessuno, a nessun livello, percepisce un guadagno. Nuok è una piccola bolla di svago per chi ci partecipa. Ma negli anni sono arrivate anche vere occasioni (retribuite, ovviamente) di lavoro, da agenzie che si sono rivolte a noi per stima professionale e fiducia nel nostro gruppo. L’ultima grande occasione è arrivata poi da BUR Rizzoli: l’anno scorso abbiamo pubblicato la nostra prima guida su carta, Roma Low Cost, e in autunno uscirà il secondo volume, questa volta dedicato a New York.

Dove hanno fallito i sistemi classici e perché ora bisogna partire dal basso e dalla partecipazione?

Mi sono fatta l’idea che il motivo del fallimento di sistemi classici sia dovuto al fatto che troppo facilmente si cede a logiche troppo legate a strategie di marketing legato al turismo. Il più delle volte manca la spontaneità, e una certa gioia nell’affrontare un progetto su digitale. A Nuok ci si diverte tanto e si dicono le cose con il cuore, e questo al pubblico arriva forte e chiaro, più di qualsiasi business plan.

2. Con Cityteller invece le città si raccontano attraverso i libri:

Qual è la storia di Cityteller?

L’idea di cityteller nasce dalla voglia di costruire una guida alternativa che faccia conoscere le città in modo anticonvenzionale. La nostra passione per i libri e la curiosità per i loro luoghi ci ha fatto maturare il progetto finale; una applicazione mobile e una piattaforma on-line che raccontano i luoghi attraverso i libri condivisi dagli utenti. Una narrazione collaborativa che unisce storytelling e geo-tagging permettendo a tutti di dare il proprio contributo al racconto del territorio.

L’app nasce da un’idea di Fabrizio Parodi e Lorena Petriccione, co-fondatori di studioand (www.studioand.it), studio di comunicazione digitale con sede a Torino e Bergamo.L’idea iniziale è stata sostenuta da alcuni partner, tra cui l’Università degli Studi di Bergamo e nel corso del laboratorio “Digital Storytelling e Social Networks” è stata sviluppata la prima versione dell’applicazione, utilizzata poi per raccontare il territorio di Bergamo durante l’iniziativa Iconemi 2013 “Nuovi Paesaggi”.

Cityteller nel corso degli ultimi mesi si è evoluta ed è cresciuta, grazie anche al sostegno di tante persone che ne apprezzano il valore e con le quali c’è un confronto continuo sulle idee e sui contenuti: l’ambizione è quella di farla di diventare uno strumento di lettura del mondo intero, una piattaforma di urban book sharing, dove la condivisione e il racconto possano offrire la possibilità al lettore-viaggiatore di conoscere e vedere con i propri occhi i luoghi in cui sono ambientate le sue letture e di sentirsi spettatore protagonista del racconto. E’ un meccanismo attraverso il quale il reale dà concretezza all’immaginazione. La fa specchiare nella realtà in cui nasce.

Le prospettive sono ampie, non a caso il nostro team si è allargato coinvolgendo Filippo Ghisi (responsabile della redazione e dei rapporti con le istituzioni) e Guido Alessandro Gozzi (responsabile marketing e comunicazione).

Quali sono le città censite ad oggi e che numeri fate?

La nostra redazione ha cominciato inserendo citazioni delle città italiane alle quali siamo più legati, in cui siamo nati, in cui viviamo o che semplicemente amiamo: quindi Torino (la nostra città), Milano e la Lombardia, e poi ancora Roma e Napoli.

Grotta di Posillipo Napoli

“Questa sera ci siamo recati alla Grotta di Posillipo, nel momento in cui il sole, passa con i suoi raggi alla parte opposta. Ho perdonato a tutti quelli che perdono la testa per questa città e mi sono ricordato con tenerezza di mio padre, che aveva conservato un’impressione incancellabile proprio degli oggetti da me visti oggi per la prima volta.”

J. W. Goethe, Viaggio in Italia, TEA

Poi sono arrivate le citazioni inviate dai nostri Citytellers, e direi che in generale il criterio di appartenenza territoriale è quello che fino ad ora ha prevalso anche per i nostri utenti. La gente ci invia citazioni di luoghi in cui sono stati e che ricordano con molta passione, o ancora ci mandano citazioni che raccontano le storie delle città in cui vivono.

Un’importante evoluzione è stata sicuramente quella di uscire dalle grandi città e cominciare ad avere citazioni anche su realtà del nostro territorio più piccole, ma molto significative e rappresentanti: citiamo ad esempio L’Isola di Mozia, in Sicilia, descritta nelle pagine del libro di Giuseppe Culicchia “Un’estate al mare” edito da Garzanti (http://www.cityteller.it/place/237/), o il lungomare di Piombino descritto in “Acciaio” di Silvia Avallone, edito da Rizzoli (http://www.cityteller.it/place/684/) o ancora l’isola di Lampedusa descritta da Davide Camarrone in “Lampaduza”, ed. Sellerio (http://www.cityteller.it/place/1472/).

Altre citazione che ci piace ricordare sono quelle che raccontano la Romagna di Valentino Rossi (Tavullia, San Giovanni in Marignano, Misano Adriatico) in “Pensa se non ci avessi mai provato”, ed. Mondadori. (http://www.cityteller.it/place/1139/).

Da qualche settimana inoltre abbiamo cominciato a ricevere e pubblicare anche citazioni su luoghi all’estero, luoghi sempre nominati ma mai visitati che prendono finalmente forma su una mappa geografica.

Citiamo ad esempio il Cairo, descritta nelle pagine di “Viaggi e altri viaggi” di Antonio Tabucchi, ed Feltrinelli (http://www.cityteller.it/place/1556/). Teheran, raccontata da Nafisi Azar in “Leggere Lolita a Teheran”, Adelphi Edizioni (http://www.cityteller.it/place/1499/). Nawa, in Afghanistan, raccontata da Fabio Geda in “Nel mare ci sono i coccodrilli” Baldini & Castoldi (http://www.cityteller.it/place/1467/)

Quali sono le città più consultate?

Sicuramente la città ad oggi più censita è Torino, con circa un centinaio di citazioni destinate a diventare molte di più nel corso dei prossimi giorni, anche perché stiamo lavorando per offrire un racconto letterario di questa città in vista del prossimo Salone del Libro. Questo grazie alle segnalazioni di appassionati conoscitori della letteratura che descrive Torino, che ci stanno fornendo pagine e pagine di citazioni sui luoghi della Resistenza, del Risorgimento e ovviamente luoghi in cui sono ambientati racconti contemporanei: ogni lettore, ogni visitatore della nostra città avrà presto l’opportunità di conoscere Torino seguendo le proprie passioni, storiche o letterarie che siano.

Stiamo notando che i nostri utenti non navigano tanto per città, cioè non seguono ad oggi un itinerario prestabilito. Molti ci scrivono che passano ore a girare sulla mappa, a curiosare in luoghi mai visitati e poco conosciuti.

E infatti tra le citazioni più visualizzate dagli utenti troviamo Luca Bianchini, “Io che amo solo te”, ed. Mondadori (http://www.cityteller.it/place/109/) che descrive i colori di Piazzale Vittorio Veneto a Polignano, in provincia di Bari. O ancora la Pizzeria Romanelli di Brindisi, descritta nelle pagine di “Goodnight Brindisi” di Sergio Sabato, ed. Giraldi (http://www.cityteller.it/place/1541/).

3. Per finire voglio raccontarvi di due iniziative che raccontano Napoli in modo diverso dal solito, Wine&Thecity iniziativa della giornalista Donatella Bernabò Silorata e Mappina che nasce da un’idea di Ilaria Vitellio

Qual è la storia di Wine and the City?

Nel 2008 mi venne questa strana idea di organizzare un “fuori salone” di Vitignoitalia di cui curavo la comunicazione. In Italia esisteva ed esiste il fuori salone del Mobile di Milano con appuntamenti diffusi in città durante i giorni del Salone Internazionale del Mobile. Ecco, mi sono ispirata a Milano, ma invece del design il mio salone di riferimento era Vitignoitalia, il vino. Quindi mi sono detta: portiamo le bottiglie, i sommelier, il vino nelle vetrine dei negozi, nelle gallerie, per strada….All’inizio…era solo un’idea un po’ folle…mi seguirono circa 50 amici…Napoli viveva la prima grande emergenza spazzatura degli anni Duemila. Fu una sfida, una scommessa.

Già dal 2013 Wine&Thecity è diventata una rassegna ampia e articolata: mettiamo insieme 100 location, quest’anno sono 115, malgrado la crisi…Lo scorso anno erano 100. Hanno aderito tante realtà nuove che vedono in Wine&thecity un’opportunità di farsi conoscere di intercettare un buon pubblico.

Questa edizione 2014 è la VII e ci siamo davvero superati: 115 location (dalle boutique alle chiese sconsacrate….) e 14 giorni di appuntamenti, un grande evento di apertura ed uno di chiusura in un luogo unico e innovativo. Abbiamo aumentato la tiratura del catalogo, per la prima volta abbiamo acquisito affissioni 110X140 e siamo nelle metropolitane e nelle funicolari con dei grandi banner luminosi e pulsanti che annunciano la rassegna.

Con azioni virali sui social stiamo coinvolgendo un pubblico sempre più esteso che sfugge ai conteggi. Usiamo forme alternative di comunicazione: social network, azioni di guerrila, web.

I feedback degli utenti sono positivi: la parola più frequente che sento è che “bella energia“, “che fermento”. In realtà wine&thecity mette in moto la città, porta allegria, vivacità, stimola la creatività, crea incontri e opportunità di business. Ormai è diventata una rassegna di creatività urbana trasversale. C’è vino, ma ci sono anche design, arte, architettura, moda, fotografia.

Credo che il successo di Wine&thecity sia la contaminazione di generi, il fare un evento trasversale, diffuso sulla città….Abbiamo coagulato la Napoli operosa, sana e che ha voglia di fare. Non ci definiamo un grande evento, ma un grande contenitore di appuntamenti estesi su un ampio territorio cittadino.

Qual è la storia di Mappina?

MappiNaMappa Alternativa di Napoli è una piattaforma di comunicazione urbana di collaborative mapping volta a realizzare una diversa immagine culturale della città attraverso il contributo, critico ed operativo, dei suoi abitanti. La piattaforma, lanciata a fine ottobre 2013, nasce sull’onda dell’ultima crisi dei rifiuti a Napoli della primavera precedente, quando sulle testate giornalistiche e sui social network apparivano due tipi di immagini della città. Da un lato quelle delle strade invase dai rifiuti, dai parcheggiatori abusivi, dalla camorra e dall’altro quelle della città più bella del mondo, con il golfo, i monumenti, il mandolino, la pizza. Tra l’immagine crociana del “paradiso abitato dai diavoli” e quella della cartolina c’è tutta un’altra città i cui cittadini non appartengono né agli entusiasti incondizionati e né ai pessimisti ad oltranza, ma sono attivi co-produttori di senso ed esperienza urbana.

Mappina intende in intercettare la varietà dei linguaggi con cui si esprime la città e realizzare letture aperte, plurime, variabili, immaginarie, a più voci della città. Infatti, fonda la sua costruzione su quella trama nascosta che emerge come esito delle iniziative dei suoi abitanti co-produttori di cambiamento, che giocano sulla sperimentazione critica, sulla simbolizzazione emozionale, sull’appropriazione e sul radicamento.

Per far questo si rivolge non alla Napoli enunciata (dei libri, le cartoline, le guide, etc) ma quella che enuncia, che produce racconti e immagina: a quegli abitanti, studenti, operatori in campo culturale che, guardando questa città, non vedono una cartolina, un mandolino, una pizza e un pulcinella, ma ne reinterpretano l’immagine a partire dall’esperienza quotidiana.

Una immagine che il progetto lega alla cultura urbana che si esprime nella street art, nei giochi in strada, negli incontri inaspettati, nelle pratiche di uso degli spazi pubblici, negli arredi urbani autoprodotti per rendere comoda la città (Mappa dei Luoghi), nei suoni e nelle parole ascoltate per strada (Mappa dei Suoni), nei suoi spazi incerti e immobili abbandonati (Mappa degli Abbandoni) e nelle possibilità di riutilizzo anche temporaneo (Mappa delle Idee), nella varietà degli operatori che producono cultura e nella moltitudine di eventi che la diffondono (Mappa degli Attori ed Eventi). Rispetto a queste cinque mappe con 12 categorie chiunque può georeferenziare foto, video, suoni e testi e contribuire ad una nuova narrazione collettiva della città.

Quali sono le attività censite ad oggi e che numeri fate?

Complessivamente abbiamo più di 430 georeferenziazioni distinte in immagini, video e audio di cui 153 nella categoria Wall Culture/Street Art e 78 in quella Solo a Napoli. I Mappers sono circa 190 ma non tutti sono attivi, una trentina sono costanti, gli altri hanno contribuito solo con uno o tre caricamenti.

Quali sono le sezioni più consultate?

Quella degli Immobili abbandonati, dei suoni urbani e della Street Art, per quest’ultima abbiano anche lanciato delle Call di CrowdImage, una sulle opere di Clet (artista che agisce sui segnali stradali) venuto a Napoli di recente e un’altra su quelle di Zilda. Questo artista incolla dei poster con figure rinascimentali in luoghi abbandonati. Per la tecnica utilizzata, molte delle opere sono andate perse, distrutte, rimosse o danneggiate. La Call è stata rivolta a realizzare una Mappa del ricordo delle opere di Zilda a Napoli.

Riuscirete a trasformarlo anche in un business?

Questo lo speriamo, abbiamo il business model ma, cosa più importante, abbiamo un progetto che funziona già e su cui stiamo investendo quotidianamente. A presto sarà pronta anche l’App sia in Ios che in Android.

Dove hanno fallito i sistemi classici e perché ora bisogna partire dal basso e dalla partecipazione?

MappiNa non costruisce politiche urbane, ma alimenta la possibilità di farle in maniera diversa offrendo:

  • una opportunità in cui le persone possono collettivamente costruire una mappa alternativa della città, e non solo di una sua risorsa, producendo un nuovo immaginario urbano che cattura l’innovazione sociale prodotta dai suoi abitanti nella varietà di usi dello spazio e del linguaggio;un’occasione in cui presentare idee e stimolare la creatività diffusa da catturare e organizzare attraverso il web e convogliare nella reale elaborazione progettuale congiunta (workshop, laboratori, passeggiate, etc.);
  • uno strumento che scopra e rinnovi lo spazio reale, diventando un sensore in grado di fornire notizie e fare da feedback in tempo reale sulle trasformazioni e gli usi che i cittadini fanno degli spazi urbani; un luogo in cui emerge una vivacità ed effervescenza culturale prodotta non solo dagli operatori in questo campo ma dall’insieme dei cittadini (semplici abitanti, studenti, operatori culturali), che non solo serve a rappresentare l’immagine della città all’esterno, ma di farlo a partire dall’esperienza e dalla riformulazione di quella immagine interna.
Originariamente pubblicato su chefuturo.it
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