5 nuove tecnologie giapponesi per digitalizzare il nostro futuro

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Nel quartiere artificiale di Odaiba, a Tokyo, c’è il Miraikan – Museo delle Scienze Emergenti. Già nel nome contiene la propria propensione all’innovazione, tanto quanto alla concretezza. Per capirci, qui Asimo, il robot della Honda, si esibisce tuti i giorni di fronte alle scolaresche che, come esercitazione, fanno un prelievo e analisi del DNA. Roba che noi giusto nei telefilm.La curatrice del museo, Maholo Uchida, ci accompagna a visitare “Songs of Anagura” un progetto di ricerca di come le tecnologie funzioneranno in un mondo post device senza più cellulari o tablet. È un progetto congiunto di Miraikan e Università di Tokyo in collaborazione con varie aziende ed enti quali NTT Docomo (il principale operatore telefonico giapponese), Kyushu University Hospital ed altri.

È particolarmente interessante: studia e simula la rilevazione, analisi e manipolazione delle informazioni riguardanti i nostri movimenti nello spazio.

Per ora il tutto è confinato in un’ottantina di metri quadri dentro il Miraikan, ma se lo pensiamo applicato alle nostre città, integrando videocamere di sorveglianza, smartphone e lettori vari (QR, barcode, RFID) gli utilizzi nel mondo contemporaneo diventano attuali ed infiniti. Ecco allora che la rilevanza di queste tecnologie si assesta in primo piano.

Mentre il mio avatar tende la mano e scambia informazioni con quello dei bambini presenti al museo, iniziamo il nostro percorso nello spazio in compagnia di queste tecnologie emergenti. Il biglietto stesso del museo è il lasciapassare verso questo mondo in cui ci accompagnerà un fumettone interattivo proiettato attorno ai nostri piedi.

Inserendo il QR code presente sul biglietto si fa login e si riceve il proprio avatar (chiamato “Me”, pronuncia me, alla giapponese) proiettato e si comincia a interagire con le 5 stazioni tecnologiche e gli altri cittadini di questo microcosmo.

Ogni stazione rappresenta un’area di sviluppo per le tecnologie nei prossimi decenni. Sono aree di rilevanza per l’uomo e la società. La prima si chiama Nagame, La Prospettiva. Nagame si occupa (o si occuperà, vedremo…) di mappare digitalmente lo spazio in 3D. Una mappa spaziale tridimensionale, secondo i ricercatori del Center for Spatial Information Science dell’Università di Tokyo, consente di capire cosa stia succedendo a chiunque di noi in qualunque momento.

Al giorno d’oggi siamo nella fase di studio per capire come realizzare la mappa base, ma siamo già in grado di mappare il movimento degli oggetti (persone, veicoli…).

Ma preso capiremo se una persona nella mappa spaziale è uomo o donna e se si è perso o sa dove sta andando, analizzando i suoi movimenti” dice Ryosute Shibasaki, professore del centro. Condividere le informazioni di una mappa spaziale non servirà solo per gestire istanze di sicurezza (ad esempio analizzare le reazioni di un individuo in vista di una guardia), ma anche per organizzare gli spostamenti delle masse e la mobilità urbana in generale.

La grande sfida, prosegue Shibasaki, è gestire la privacy di queste informazioni: la mia posizione è sicuramente utile, ma è un dato sensibile e le compagnie telefoniche non possono condividerlo. Al centro di tutto c’è la tutela l’individuo, ma anche la possibilità di trarne la massima utilità.

La seconda stazione si chiama Ido, Il Movimento. Ido è la macchina dei sensori, usa tutto ciò che può per rilevare i movimenti di qualunque oggetto e lavora in modo profondamente integrato assieme a Nagame (la mappa digitale) per completarsi a vicenda. Nel mondo immaginato di Anagura i nostri movimenti sono costantemente tracciati da dei laser. Di fatto bastano gli smartphone che portiamo con noi.

La terza stazione è assieme la più interessante e la più inquietante: si chiama Ikitoiki, Il Respiro, e serve a misurare la nostra condizione biometrica. Ikitoiki analizza e misura moltissime informazioni relative al nostro corpo e al nostro umore. Il professor Kazusuke Maenaka dell’Università di Tokyo spiega come queste informazioni si possano rilevare attraverso due canali: la voce, che ci rivela molte informazioni preziose e i sensori, simili a cerotti, che utilizzano una tecnologia in fase di sviluppo chiamata MEMS. Questa consiste, appunto, in microcerotti in grado di misurare: temperatura, pulsazioni, pressione sanguigna, sudorazione, esercizio fisico, temperatura dell’aria, pressione dell’aria, sole, umidità e rumore.

Oggi abbiamo sviluppato dei prototipi che non vanno bene: sono troppo grandi e limitati, ma sono fatti con le tecnologie disponibili. La chiave di tutto è la miniaturizzazione, ma poi si pone il problema della batteria” dice Maenaka. Insomma anche i cerotti ipertecnologici che prevengono le malattie, invece di curarle avranno gli stessi problemi dell’iPhone: andranno ricaricati a metà giornata.

Le ultime due stazioni sono tutte sui dati. Wakaranu, L’Anonimità, e Shiawase, La Felicità. La prima sarà la chiave di volta di tutte le tecnologie viste finora. Un motore di gestione dell’anonimato davvero sicuro, efficiente e gestibile in modo distribuito che è, assieme ai processi evolutivi della tecnologia (miniaturizzazione, risparmio energetico) l’unica condizione per far avverare quanto stiamo vedendo oggi. In parallelo dovrà essere progettata una tecnologia in grado di gestire i nostri dati sensibili, anonimizzarli e rassicurarci sulla loro gestione. Moltissimi dei nostri dati, infatti, sono sensibili e riservati (dove sono, con chi sono e così via) ma se non si ritrovano associati alla mia persona possono rivelarsi di grande utilità per implementare servizi su traffico, sicurezza e statistiche demografiche.

È un problema già attualissimo, che NTT Docomo sta affrontando assieme al Ministero del Commercio col progetto Grand Voyage” dice Isao Kobayashi di NTT. Kobayashi sostiene che le informazioni anonimizzate sono di per sé già utilissime sia in chiave collettiva che in chiave individuale. Oltre a ciò è possibile delegare al singolo titolare dei dati la regolazione continuativa dei settings. Quindi sarà possibile decidere di non rivelare mai la mia posizione attuale, eccetto che il sabato sera in un quartiere di ristoranti per farmi consigliare il più adatto a me.

Per proteggere i dati dei nostri utenti” – prosegue Kobayashi – “li spacchettiamo, spezzettiamo e suddividiamo, così, nemmeno per deduzione è possibile risalire a un nome e cognome.” Per approfondire le tecniche di k-anonymization e Idiversity utilizzate da NTT leggete l’intervista integrale a Kobayashi pubblicata qui.

Shiawase, la tappa finale del Miraikan si rivolge agli appassionati della parola: è storytelling allo stato puro. Il sistema che ha tracciato tutti i nostri movimenti, le nostre variazioni di stato e le relazioni intercorse con altri soggetti riconfeziona il tutto sotto forma di canzone. Una canzone che racconta la nostra storia, o meglio, la storia dei nostri spostamenti e incontri in questi 80 metri quadri e in questi 20 minuti.

Ma la canzone non è solo storyelling: secondo Naoki Nakashima, del Kyushu University Hospital si può parlare di Infomedicina. Cioè del fatto che “una corretta informazione può essere come una medicina. Specialmente per i malati di diabete, che in Giappone sono quasi 9 milioni. L’infomedicina può servire a ricordare comportamenti virtuosi, controlli periodici, ma anche educare le persone ad una maggiore consapevolezza o a comportamenti più sani”.

Le applicazioni di queste tecnologie hanno come limite solo la fantasia di chi le implementerà e sono destinate a cambiare (probabilmente a partire da metropoli e infrastrutture) la nostra relazione con lo spazio, il commercio, le autorità e gli altri. La mobilità (motorizzata o dolce) sarà forse uno dei primi settori a vederle all’opera. Dalla rilevazione fino al sistema di accessi e pagamenti e all’analisi degli spostamenti per ottimizzare flussi e performance individuali. Insomma, la strada ci parlerà e ci indicherà il percorso migliore da fare.

Non posso fare a meno di pensare allo shopping. I centri commerciali, come già visto in tanti film, traboccheranno di queste tecnologie in grado di indirizzarci verso il prodotto che ci serve di più. Siamo sudati e alterati? Una freccia ci indicherà una Tea-Room o una Spa. Ci muoviamo con difficoltà e siamo carichi di borse? Prego, gli ascensori sono di là. Ma altrettanto importanti saranno le applicazioni nei campi della sicurezza, della medicina e dei media.

Le piazze avranno nuove dimensioni e nuove forme di partecipazione e controllo. Per iperbole potremmo parlare di ubiquità, ed anche il lavoro risentirà dell’influenza delle tecnologie in questione. Resta una domanda di fondo: un domani, chi ci canterà la canzone dei nostri spostamenti e dei nostri incontri reali? Insomma, teniamo d’occhio le tecnologie che ci tengono sotto osservazione e chi le opera.

Milano, 24 agosto 2012MARCO MASSAROTTO

Originariamente pubblicato su chefuturo.it
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