5 anni dal terremoto e le scuole container dell’Aquila sono ancora lì

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Sono passati cinque anni da quel terribile terremoto che distrusse la vita dell’Aquila. Dopo 1825 giorni nella città e nel cratere sismico, 6000 ragazzi vanno ancora a lezione nei Musp. Questo acronimo sta per moduli a uso scolastico provvisorio. E’ proprio l’aggettivo “provvisorio” ad infastidire gli insegnanti, gli studenti e i genitori dei bambini che ogni giorno studiano geografia, italiano, educazione civica in un container. Di “provvisorio” non c’è proprio nulla. Anzi nell’ultimo anno i 26 Musp dell’Aquila sono costati al comune 444 mila di manutenzione straordinaria per riparare infiltrazioni d’acqua, pavimentazione e altro. L’Aquila ha un’occasione straordinaria davanti a sé: l’opportunità di ricostruire scuole moderne, connesse, ecologiche con un’architettura a misura di bambino. Ma per ora sembra essere un’occasione sprecata.

Visti da fuori, con gli occhi di chi come noi è rimasto un solo giorno al Musp “Gianni Rodari” della frazione Sassa, i Musp sembrano accoglienti persino meglio di tante scuole costruite negli anni cinquanta o sessanta. Non manca nulla: c’è la palestra, qualche aula per i laboratori, un cortile per giocare e un campo da calcio in asfalto.

Colpisce la mancanza di verde: non un filo d’erba. Basta chiedere a Silvia, battagliera insegnante, per capire che la vita scolastica di ogni giorno in un Musp all’Aquila non è facile: “La connessione non esiste in queste scuole. Nessuno per tutti questi anni ha pensato alla necessità di dotarci di un modem, di una rete wifi. Ci dobbiamo arrangiare in maniera autonoma. I genitori ci hanno donato una Internet Key per permetterci di navigare.

Nel mio plesso esiste una sola lavagna multimediale”.

Certo, nel 2009 non c’erano certo il tempo e i soldi per pensare ad una rete wifi che non c’è nemmeno nella maggior parte degli istituti del resto del Paese. Eravamo in emergenza. L’importante era fare in modo che i ragazzi tornassero a scuola. L’emergenza è finita, la connessione non c’è. Non esiste nemmeno, a detta del comitato “Oltre il Musp” di Sassa nato per superare questa situazione, la volontà politica di superare questo stato delle cose. I soldi sembrano non mancare. L’assessore comunale Alfredo Moroni, qualche mese fa dichiarava al quotidiano online Newstown.it diretto dal collega Nello Avellani, che entro la fine del 2014 dovrebbero partire lavori per un totale di 19 milioni di euro su un fabbisogno totale di 45 milioni.

Chi vive nei Musp è stanco di verbi declinati al condizionale. I docenti, gli insegnanti del comitato “Oltre il Musp” sanno che in quelle lamiere non si può più stare: “Gli stessi operai – spiega Silvia – che li hanno realizzati ci dicevano che questi moduli hanno una durata di quattro-cinque anni. Nel 2019 ci troverai ancora qui, con i problemi di infiltrazioni d’acqua, con il pavimento che si stacca, con i filtri dell’aerazione da cambiare. I bambini che arrivano in prima quest’anno sono nati l’anno del terremoto: loro non hanno conosciuto delle scuole in muratore solo Musp”.

Una vita tutta giocata in periferia all’Aquila. Il centro non c’è più. E’ ancora sventrato. Visto da lontano è una sorta di cantiere a cielo aperto. Dentro, nel ventre della città, non un’anima per le strade, ancora zone rosse che impediscono il transito, militari che presidiano, palazzi puntellati e gru. La casa dello studente dove morirono otto studenti in quella drammatica notte è ancora lì, sventrata, nuda. L’Aquila è cambiata poco dall’ultima volta che sono stato nel 2012. “Non abbiamo più dove trovarci. La vita – spiega Silvia – è tutta attorno ad un cerchio, quello della periferia. I miei bambini non vanno in piazza, non hanno una ludoteca, la domenica li ritrovi con le loro famiglie a passeggiare nei centri commerciali”. Mentre pronuncia queste parole, vien da pensare a quanto la scuola potrebbe essere importante come luogo aperto alla cittadinanza. La partita è tutta da giocare.

L’Aquila, 5 aprile 2014Alex Corlazzoli

Originariamente pubblicato su chefuturo.it
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