4 meraviglie dell’Internet of things (e 3 insidie da evitare)

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Vivremo in un mondo caratterizzato da un’accresciuta intelligenza inanimata, intorno e addosso a noi, a forza di chip e sensori infilati un po’ ovunque. È la visione dell’ Internet of things e dopo anni di teoria finalmente ha preso vita, per la prima volta con tanta chiarezza, durante la fiera Ces di Las Vegas (7-10 gennaio).

Gli osservatori sono concordi: è questa la principale tendenza emersa al Ces 2014,con una miriade di oggetti e prodotti. La maggior parte sembrerà di dubbia utilità o comunque adatta solo a esigenze di nicchia, ma ciò che conta è il percorso inaugurato.

L’intelligenza (intesa come algoritmi, potenza di calcolo e connessioni), approdata tempo fa nei nostri telefoni rendendoli smartphone, va a diffondersi in tanti oggetti della vita quotidiana.

Così, si mescola con azioni comuni, rivoluzionandole, come camminare, preparare la cena, guidare, lavarsi i denti.

«Il Ces quest’anno ha reso evidente una tendenza che stava sbocciando, grazie a tante startup che hanno prodotti Internet of things rivolti ai consumatori. In precedenza questi guardavano solo al mercato business», spiega Giovanni Miragliotta, ricercatore di questi aspetti per il Politecnico di Milano.

Si può leggere questo percorso dietro gli annunci del Ces. Vediamoli, infatti, in sintesi, con qualche link agli articoli migliori trovati in rete.

1.Automobili semi-autonomeBmw e Audi hanno mostrato i nuovi modelli in grado di assolvere a tante situazioni di guida. Si va verso un nuovo livello di autonomia; e per tutte le tasche, non solo per gli abbienti.

Per esempio: già da anni ci sono automobili che si parcheggiano da sole, con un pulsante, ma muovono soltanto lo sterzo nell’ultima fase; l’autista deve comunque pre-posizionarsi in modo consono al parcheggio e usare freno e acceleratore. Le nuove auto si occupano anche di questi aspetti. Sono in grado di guidarsi da sole nel traffico e in autostrada, in situazioni noiose e ripetitive in cui è facile, per il guidatore, distrarsi e fare incidenti.

2. I gadget per auto-tracciarsiSmartwatch, fasce, bracciali e altri oggetti da portare sul corpo: è una tendenza già vista negli scorsi mesi, ma al Ces è maturata. I nuovi prodotti tracciano più cose, per più scopi, anche specifici. Per esempio: il monitor di pressione (una fascia) che ti dice in ogni momento se hai oscillazioni, magari dovute allo stress.

L’anello che ti avvisa se ti stai scottando sotto il sole. Vari sensori che misurano la qualità del gesto atletico: calze, calci a un pallone, tiri con la racchetta.

3. La casa intelligenteGli elettrodomestici diventano più intelligenti: un vecchio sogno che però ora prende vita con prodotti commerciali, di Samsung, Lg e vari produttori specializzati (come Nest, Belkin). L’idea centrale è che possiamo controllarli tramite smartphone, con app e comandi vocali. Così da dire al frigorifero “andiamo in vacanza” e quello cambia di conseguenza i propri consumi. Oppure “esco”, al cellulare, che spegne le luci di casa. Mandare un messaggio alla propria lavatrice per sapere lo stato del lavaggio. «Sono cose necessarie? No. Ma mostrano una tendenza di lungo periodo», dice Miragliotta.«Certe cose della casa intelligente hanno un’utilità nulla. Oppure sono troppo costose per i vantaggi che danno», aggiunge Massimo Marchiori, matematico dell’università di Padova e uno dei padri dell’algoritmo alla base di Google

4. Tv intelligentiI principali produttori hanno presentato tivù 4K (Ultra HD). Si va anche in questo ambito verso un’aumentata intelligenza. Le tivù 4K hanno un processore di livello altissimo, per gestire circa 8 milioni di punti di immagine (pixel) in tempo reale, presenti su uno schermo 4K. Inoltre i processori ora persino creano pixel, quindi informazioni, con la tecnica cosiddetta dell’upscaling, per migliorare la qualità dei contenuti non originariamente 4k. Ricevono un contenuto ad alta definizione e ne moltiplicano per quattro i pixel, per renderlo 4K, quindi potenziandone i dettagli, la risoluzione dell’immagine e pulendone le sbavature. Una prossima crescita dell’intelligenza si può intuire anche dalla scelta, di Philips e Panasonic, di mettere un sistema operativo aperto sui propri tv: Android e FirefoxOs, rispettivamente.«La smart tv ha ancora bisogno di rodaggio, soprattutto a livello software (connessione intelligente alla rete, funzionalità avanzate), ma ha un grandissimo potenziale, ed il vantaggio di costi relativamente bassi (il grosso del costo c’è già nel televisore), ed anche di usabilità se fatta bene», dice Marchiori.

[Su questo argomento leggi anche Vincenzo Cosenza: Internet delle cose: 7 meraviglie alla portata di tutti]

La sfida che ci attende

La portata di questo nuovo corso è tale che è bene già guardare alle sue conseguenze e prepararsi. La sfida che ci attende, in sintesi, è mantenere l’intelligenza umana al passo con quella potenziata degli oggetti che ci circondano e ci misurano. Il che vuol dire due cose, una pratica e l’altra culturale.

1. La prima significa mantenere il controllo tecnico di tutti questi oggetti intelligenti, che altrimenti rischiano di complicarci la vita invece di semplificarla. Già adesso tuttavia si vede il tentativo dei produttori tecnologici a semplificare l’utilizzo dei nuovi prodotti smart, a partire dalle tivù, che sempre più potremo controllare anche a voce e a gesti (quindi in modo si suppone più naturale). Inoltre «nascono già piattaforme che centralizzano il controllo di diversi prodotti internet delle cose: da General Electric, Ninja Sphere, Revolv», dice Miragliotta.

2. Non potremo contare tanto sul buon cuore dei produttori, però, per la seconda parte della sfida: sviluppare la consapevolezza, culturale e sociale, che gli oggetti smart sono a due vie. Ci guardano mentre noi li guardiamo. Sono abilitati per analizzare le nostre abitudini. Il fronte della guerra della privacy diventa insomma senza quartiere, con l’avvento dell’internet delle cose. Si accelera una tendenza partita con gli smartphone, i quali sono stati in fondo le prime tecnologie a due vie che portiamo sempre con noi. Ma se tutto è connesso e ci traccia, il dato misurato arriva a coincidere con quello oggettivo che circoscrive la nostra vita. Con conseguenze politiche e sociali ancora da scoprire.

3. «Dallo sviluppo dell’internet delle cose emergono aspetti etici notevoli», dice Norberto Patrignani, docente di Computer Ethics presso il Politecnico di Torino. Le persone hanno il diritto all’autoderminazione, che sarà una sfida più complessa con la proliferazione dell’intelligenza inanimata. «Il diritto di conoscere e di scegliere quali dati personali vengono raccolti e memorizzati, da chi saranno utilizzati e per quali scopi, di correggere i dati stessi, se necessario, di opporsi all’uso secondario dei dati non autorizzato specificatamente», spiega Patrignani.

Siamo agli inizi di questa consapevolezza. Ma già affiora, come si vede dalla denuncia di Altroconsumo alle tivù smart di LG, accusate di spiare gli utenti.

La fantascienza ci ha abituati al dibattito sui rischi dell’interazione uomo-macchina, immaginando un futuro in cui si accrescerà la portata dell’intelligenza artificiale. Ma finora ha previsto solo robot o cervelloni informatici che si ribellavano all’uomo, sviluppando una propria autonomia.

L’idea adesso che è che la nuova intelligenza artificiale da cui guardarsi non sarà centralizzata, ma più subdolamente polverizzata in una miriade di oggetti.

E una loro rivolta è possibile, in senso metaforico: nel senso che noi penseremo di usarli ai nostri fini, mentre quelli magari risponderanno a fini che sono contro di noi. Contro la nostra privacy, per gli interessi di aziende o governi desiderosi di studiarci.

Originariamente pubblicato su chefuturo.it
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